ROSARIA TALARICO
ROMA
«È giusto che la Chiesa paghi le tasse, come gli altri contribuenti. Bisogna
quindi eliminare privilegi di cui beneficia e che non riguardano l’attività
religiosa». A mettere altra carne al fuoco, dopo l’intervento del cardinale
Tarcisio Bertone sulle tasse («giusto pagarle purché siano eque»), è il
verde Paolo Cento, sottosegretario al ministero dell’Economia. Mentre
l’Unione Europea ha avviato una procedura d’infrazione verso l’Italia
proprio sulle agevolazioni fiscali concesse alla Chiesa e alle
organizzazioni non aventi fini di lucro.
Agevolazioni numerose, visto che nell’elenco dei benefici figurano
l’esenzione Ici per quanto riguarda gli immobili e gli sconti Ires sulle
attività produttive. Per non parlare del vantaggioso trattamento riservato
ai dipendenti del Vaticano, i quali non sono soggetti all’imposizione Irpef.
Cento vorrebbe che fossero riviste tutte le agevolazioni legate ad attività
commerciali delle istituzioni religiose e non direttamente connesse
all’attività pastorale. Nel corso degli anni «la Chiesa ha accumulato dei
privilegi. Non sarebbe sbagliato aprire una discussione su questo e rivedere
questi privilegi». E il sottosegretario si augura che ciò avvenga già a
partire dalla prossima Finanziaria. In particolare, sono le attività
commerciali che, secondo il sottosegretario, dovrebbero essere sottoposte a
un trattamento fiscale «al pari di quello a cui vengono sottoposti gli altri
contribuenti nel nostro paese».
Le reazioni chiaramente non si sono fatte attendere. Oltre alla risposta
«politica» di esponenti dell’opposizione, è stata immediata anche la replica
della Chiesa. «Ma dove sono i privilegi della Chiesa?», si chiede il
cardinale Ersilio Tonini, arcivescovo emerito di Ravenna. «Sono le
parrocchie a caricarsi spesso degli asili infantili. Ma anche le case di
riposo e le case degli anziani». Le argomentazioni di Cento non convincono
assolutamente Tonini. «È un discorso fatto da gente che non riflette e vuole
a ogni costo trovare accuse alla Chiesa». Stringato e fermo il commento di
un altro prelato, monsignor Rino Fisichella, rettore della Pontificia
Università Lateranense: «La Chiesa non ha privilegi. Si muove sulle linee
del Concordato tra Santa Sede e Italia».
A dar manforte al collega Cento è Maurizio Turco, deputato della Rosa nel
Pugno: «Immagino intervenga sulla base delle informazioni di cui dispone in
quanto sottosegretario all’economia. È infatti in dirittura d’arrivo la
procedura avviata dalla Commissione europea, a seguito della nostra
denuncia, per le agevolazioni di vario tipo concesse dall’Italia alla Chiesa
cattolica e alle organizzazioni senza fini di lucro». Il deputato radicale
si spinge oltre, consigliando al ministro dell’Economia Tommaso
Padoa-Schioppa «di non attendere la finanziaria per cancellare esenzioni,
dispense, sgravi, deroghe, franchigie, esoneri per le attività lucrative
svolte dalla Chiesa».
«Paradossale che un sottosegretario all’Economia se ne esca attaccando la
Chiesa, proponendo un inasprimento della fiscalità nei suoi confronti»
attacca Mauro Fabris, capogruppo dell’Udeur alla Camera. L’invito a
«riflettere prima di parlare» arriva invece da Rocco Buttiglione
direttamente dal Meeting di Comunione e liberazione a Rimini: «La Chiesa
gode dello stesso regime fiscale di tutte quelle realtà che non hanno fini
di lucro ma che destinano i loro introiti per opere sociali, culturali o al
servizio del bene comune».
Una voce dissonante in materia di tasse arriva dal prete (no global) don
Vitaliano Della Sala: «Io credo che, se la Chiesa ha un’attività commerciale
è giusto che paghi le tasse, ma se io vado a comprare un libro in una
libreria delle Edizioni Paoline, quella libreria paga le tasse proprio come
ogni esercizio commerciale e che io sappia tutte quelle attività commerciali
legate alla Chiesa pagano le tasse come qualsiasi azienda».
Cento: la Chiesa versi più imposte Il sottosegretario «Basta benefici» Il cardinale Tonini «Nessun privilegio»
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