Rosaria Talarico

"Natural born journalist"

DOMANDE E RISPOSTE IN LIBIA Come funziona la no-fly zone?


A cura di Rosaria Talarico
ROMA
Si parla di istituire in Libia una «no-fly zone». Di cosa si tratta?
La traduzione in italiano della locuzione inglese normalmente usata in ambito aeronautico identifica un’area, una porzione di cielo, in cui è interdetto il volo da parte di velivoli non autorizzati. La permeabilità della no-fly zone può essere zero (nessun sorvolo) o controllata, ad esempio per far transitare aerei civili. L?applicazione varia in oltre a seconda che il contesto sia di pace o di guerra. Ovviamente stabilire una zona di interdizione al volo richiede una sorveglianza radar dell’area e la possibilità di pattugliamento ed intercettazione aeree che impongano il rispetto del divieto.
A che cosa serve una misura di questo tipo?
La no-fly zone, in condizioni di guerra, viene predisposta per evitare che possano essere usati il cielo e gli aeroplani per attività «cinetiche» (come si dice in gergo militare, cioè offensive) per colpire obiettivi a terra. In situazioni di pace il divieto di sorvolo è una prassi comune in molti Paesi per proteggere monumenti, edifici pubblici, centrali energetiche o altri siti sensibili che vengono segnalati su tutte le carte di navigazione aerea. No-fly zone temporanee sono istituite nel caso di eventi particolari (il G8 o le Olimpiadi).
Chi decide il blocco
dei cieli?
A decidere sono le autorità internazionali (Onu, Ue, Nato) o nazionali, a seconda dei casi. Nel caso della Libia, la no-fly zone dovrebbe essere determinata da un accordo dell’Onu e con la condivisione dei Paesi confinanti, inclusa l’Italia, che dovrebbero fornire il supporto logistico (basi, aerei, radar etc.).
Come viene assicurata
una no-fly zone?
È un’operazione tecnicamente complessa, specie se da effettuare al di fuori del territorio nazionale, dove occorrono basi terrestri o navali ad hoc. Per garantire la sorveglianza aerea vengono impiegati mezzi diversi: aerei radar (come quelli in dotazione alla Nato, gli Awacs, cioè sistema di allarme e controllo aviotrasportato), caccia intercettori, aerei rifornitori, elicotteri per la ricerca e soccorso (Sar). Fondamentali sono i «velivoli da superiorità aerea», ossia aeroplani equipaggiati con armamenti che permettano di abbattere bersagli volanti.
L?Italia quale ruolo potrebbe avere?
L’Italia potrebbe contribuire con i caccia F-16 o Eurofighter di Trapani e Gioia del colle, elicotteri combat Sar e mettendo a disposizione le nostre basi. Anche la portaerei Cavour e gli aerei Av8 della Marina militare potrebbero essere inseriti in questo dispositivo.
Quanto può costare un provvedimento del genere?
I costi variano in base all’ampiezza della zona in cui il volo è interdetto e dalla vicinanza di basi aeree. Nel caso della Libia sarebbero necessari non meno di 20-30 aerei, con costi particolarmente elevati. Specie nel caso in cui gli aeroplani debbano stare costantemente in volo. Infatti, più le basi sono lontane dalla no-fly zone più tempo è necessario perché gli aerei possano decollare e arrivare sul posto. Questo tipo di pianificazione deve essere frutto di un’analisi attenta delle tipologia di minacce e della loro velocità di movimento. Bisogna anche escludere, ad esempio, che gli aeroplani impiegati a scopo deterrente non subiscano attacchi da terra attraverso sistemi superficie-aria.
Ci sono dei precedenti
di «no-fly zone»?
L’esempio più noto di applicazione della «no-fly zone» a livello internazionale riguarda l’Iraq, le cui regioni settentrionali e meridionali vennero proibite all’aeronautica militare di Baghdad fra il 1992 e il 2003, con l’obiettivo di evitare possibili attacchi aerei contro le minoranze curde o le zone a maggioranza sciita.
E in Italia c?è mai stata una no-fly zone? Come viene protetto il nostro cielo?
Per quanto riguarda l’Italia, l’aeronautica militare assicura la sorveglianza e la difesa dello spazio aereo nazionale per 365 giorni all’anno, 24 ore su 24, tramite un sistema di radar, velivoli e sistemi missilistici. Oltre che dal 4° Stormo di Grosseto, il servizio di decollo immediato e di intercettazione nei casi di allarme (scramble) è svolto dal 36° Stormo di Gioia del Colle (Bari), pure equipaggiato con caccia Eurofighter, dal 5° Stormo di Cervia e dal 37° Stormo di Trapani, dotati invece di caccia F-16. Lo «scramble» è in gergo tecnico il decollo immediato di caccia intercettori che sotto la guida dei controllori della difesa aerea si dirigono verso un velivolo per accertare visivamente la sua identità. Per quanto riguarda l’Italia, la nostra aeronautica ha garantito la sicurezza dello spazio aereo durante il World Economic Forum, il G8 de L’Aquila, le Olimpiadi di Torino 2006 e dal luglio 2009, in seguito a un accordo tra l’Albania e la Nato, velivoli caccia italiani assicurano la sorveglianza e la difesa dello spazio aereo albanese.

Rosaria Talarico

Rosaria Talarico

Giornalista professionista, è laureata in Scienze della Comunicazione presso l'Università La Sapienza di Roma con una tesi sulle tecniche di intervista. Collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani (L'espresso, La Stampa, Il Foglio, Il Corriere delle Comunicazioni, Economy) occupandosi di vari settori. Scrive articoli di economia, finanza, cronaca, politica, esteri, media e tecnologia. Nel 2007 ha vinto la sezione giovani del premio Ucsi (Unione cattolica stampa italiana) con il reportage sul precariato nel mondo della scuola pubblicato dal quotidiano La Stampa. In passato ha lavorato per Milano Finanza (Class Editori) e il settimanale Il Mondo (Rcs), nelle redazioni di Roma e Milano. Nel 2008 ha fatto parte dell'ufficio stampa del Ministero dei Trasporti. In precedenza, sempre nell'ambito degli uffici stampa, ha lavorato per le Camere di commercio italiane all'estero e per la società aeronautica Aérospatiale Matra Lagardère Internationale (ora Eads).

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