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ROSARIA TALARICO
ROMA
È evidente che l’Italia manifesta una realtà reddituale dichiarata diversa da quella effettiva. Questo è pacifico», ammette il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti Claudio Siciliotti a fronte degli ultimi dati sulle dichiarazioni dei redditi. «C’è un’evasione fiscale cospicua e sicuramente insostenibile. Ma non è emerso niente di nuovo, non sono dati diversi rispetto a quello che conoscevamo già».
Di certo non mostrano grande onestà fiscale da parte degli imprenditori che guadagnano meno dei dipendenti…
«Non ha senso la criminalizzazione di una categoria. Il dipendente evade di meno dell’autonomo, ma poi magari non lavora o truffa sugli orari di entrata e uscita».
Quali sono i sistemi che consentono di dichiarare un reddito da fame?
«Qualcuno si difende non registrando fatture o scontrini, magari mettendosi d’accordo con chi eroga il servizio da fatturare. Qualcun’altro spostando la domiciliazione fiscale della propria azienda in luoghi più adatti a vacanze felici, che ad attività produttive».
Con un aiuto consistente di commercialisti e consulenti fiscali.
«In un Paese di fantasia come l’Italia, non dico che tra 113 mila commercialisti non ci sia qualcuno che si ingegna a realizzare un risparmio di imposta sollecitato dal cliente. Ma non si può giungere alla generalizzazione di una proiezione o peggio di una connivenza nell’attività svolta dai consulenti. La colpa non è dei commercialisti, ma del sistema che ha permesso di bilanciare l’inefficienza della pubblica amministrazione con il non pagamento delle tasse».
Metà dei contribuenti dichiara però cifre sotto i 15 mila o reddito zero.
«Il nostro è un Paese dove non si assolve ai propri doveri fiscali perché lo Stato impositore non restituisce i sacrifici fatti dal contribuente. Il vecchio patto sociale che esentava il dipendente pubblico dal riscontro del merito e l’autonomo dai doveri fiscali ora però si è rotto. Ma da una sola parte, visto che si è applicata una politica di rigore sulle entrate e non sulle uscite. Oltre all’Agenzia delle entrate perché non facciamo l’agenzia delle uscite? Perché non si tagliano gli stipendi del 30% a chi non lavora? Altrimenti sono solo chiacchiere e tra un anno i dati saranno gli stessi».
Gli strumenti per la lotta all’evasione sono efficaci?
«Si è scambiata l’efficienza con la ferocia. Rispetto ai blitz di Cortina, preferirei meno spettacolarità e più silenziosa efficienza. Vanno affinati i mezzi di lotta all’evasione e credo che lo siano stati negli ultimi anni. I poteri dell’amministrazione finanziaria sono aumentati. Basti pensare anche alla sola possibilità di guardare nei conti correnti, che lo stesso garante per la privacy ha ritenuto al limite. È uno dei segnali ed è giusto che ci sia questo rigore. Sono altri aspetti a lasciarmi perplesso».
Quali?
«Sul lato della riduzione della spesa non è stato fatto molto. La misura che crea sviluppo non è l’inasprimento della pressione fiscale (non su chi possiede, ma su chi lavora), ma tagliando la larga fetta di spesa improduttiva. Provvedimenti forti e coraggiosi su questo non ne ho visti».