Con il “nuovo catasto” parte la riforma della casa
Rosaria Talarico per www.ilghirlandaio.it
In un Paese dove circa l’80% delle famiglie è proprietario della casa in cui vive, le misure relative agli immobili contenute nel decreto “salva-Italia” non potevano che provocare reazioni forti. Una delle voci più preoccupanti è il “nuovo catasto”, che passa per la rivalutazione delle rendite in base al valore al quale si potrebbe affittare l’unità immobiliare. Non solo una questione di Ici: poco importa che l’Imposta comunale sugli immobili cambi nome per trasformarsi in Imu (Imposta municipale unica). A preoccupare il cittadino-contribuente sono la reintroduzione della tassa sulla prima casa, le modifiche delle aliquote e dunque le rivalutazioni catastali. Sul totale della manovra le misure relative alla casa incidono per un terzo. Una cifra che si può stimare in 11 miliardi (che arriveranno da Imu e rivalutazione degli estimi catastali), rispetto agli oltre 30 dell’intera manovra. Va anche detto che dalla tassazione sulla prima casa il gettito ricavato sarà minimo. La parte del leone la faranno le seconde cose, gli immobili commerciali e industriali e quelli situati all’estero. Vediamo nel dettaglio le misure contenute nella manovra varata dal governo e approvata, in via ormai definitiva, anche dal Senato.
Rivalutazione rendite catastali. Si tratta di una vera rivoluzione. I valori catastali degli immobili, in Italia storicamente non aggiornati e largamente inferiori al valore reale delle case, subiranno una rivalutazione pari al 60%. Una penalizzazione riguarderà le banche e le assicurazioni, che vedranno rivalutate all’80 per cento le rendite catastali degli immobili che le ospitano. Inoltre, sarà consentita soltanto una pertinenza per categoria catastale, rispetto all’abitazione principale.
Dall’Ici all’Imu. In realtà questa “novità” era già prevista dal pacchetto sul federalismo fiscale predisposto dal governo Berlusconi. L’Imu assorbirà l’Ici (già ridotta durante il governo Prodi e del tutto abolita, per quanto riguarda le prime case, dal successore Berlusconi). La rivisitazione delle aliquote prevede il 4 per mille del valore catastale delle prime case e il 7 per mille sulle altre. Per lasciare un margine di discrezionalità, ai Comuni sarà permesso di aumentare l’aliquota dello 0,2% o diminuirla della stessa percentuale. Diverse sono le aliquote per quanto riguarda le seconde case. Ma è meglio non essere troppo ottimisti su un possibile “sconto” comunale: se infatti il Comune decidesse di alleggerire l’imposta subirebbe comunque una penalizzazione in quanto dovrebbe corrispondere allo Stato centrale sempre il medesimo importo imposto dall’aliquota. Per questo motivo saranno difficili i possibili sgravi da parte dei Comuni italiani.
Detrazioni familiari. L’iter parlamentare ha permesso di attutire gli effetti pesanti della manovra sulla spesa delle famiglie. È stato così introdotto un sistema di detrazioni per le famiglie. Dalla franchigia iniziale di 200 euro sulle prime case prevista per tutti, l’esenzione potrà salire fino alla quota massima di seicento euro. Sull’Imu saranno infatti possibili detrazioni per chi ha figli a carico: 50 euro di sconto per ogni figlio di età non superiore a 26 anni, che viva nell’immobile adibito ad abitazione principale.
Seconde case. L’aliquota applicata salirà allo 0,76%, ma il Comune potrà variarla in alto o in basso dello 0,3%, portandola da un minimo dello 0,46% a un massimo dell’1,06%. Vale lo stesso discorso delle prime case, sull’applicazione delle norme da parte dei Comuni in misura più benevola. Per le abitazioni date in affitto, inoltre, il Comune può decidere di abbassare l’aliquota fino al minimo dello 0,4%. Tale tassazione assorbe l’Irpef fondiaria, per cui al netto, i proprietari di case in locazione potrebbero anche essere beneficiati, rispetto alla vecchia disciplina. Per quanto riguarda le abitazioni rurali, finora escluse dalla tassazione, saranno soggette a un’aliquota dello 0,2%, ma che i Comuni potranno abbassare solo allo 0,1%.
Immobili all’estero. Rispetto al testo della manovra licenziato dal Consiglio dei ministri, nel passaggio parlamentare è spuntata una novità relativa alle case all’estero: per i proprietari ci sarà un’imposta di bollo dello 0,76% sul valore degli immobili situati all’estero, destinati a qualsiasi uso, da persone fisiche residenti in Italia. Il valore sarà determinato sulla base del costo riportato nell’atto di acquisto dell’immobile o dai contratti e, in assenza, dal valore di mercato dove è situato l’immobile. Per evitare il rischio di una doppia imposizione verrà riconosciuto un credito d’imposta pari a eventuali tasse già corrisposte nello Stato in cui si trova la casa. Secondo i dati dell’Agenzia delle entrate il valore degli immobili all’estero ammonterebbe a oltre 19 miliardi di euro. Con l’Imu allo 0,76%, nei prossimi tre anni lo Stato incasserà 98,4 milioni di euro.
Negozi. Come per le seconde case, dovranno pagare un’aliquota dello 0,76%, che potrà essere abbassata dal Comune fino allo 0,46% o innalzata fino all’1,06%. Il Comune può anche decidere di fare pagare un’aliquota minima dello 0,4% per gli immobili non residenziali affittati o goduti da società soggette al pagamento dell’Ires. Non si salveranno però dalla scure della rivalutazione catastale: che passa dal 34 al 55%.
Fin qui una panoramica dei provvedimenti messi a punto dalla squadra del premier Mario Monti. Le reazioni dei tecnici alle misure contenute nella manovra non si sono fatte attendere. Ad esempio Alberto Zanardi, professore ordinario di scienza delle finanze presso l’Università di Bologna, su lavoce.info ha inserito tra i pregi dell’Imu la risoluzione “in modo chiaro e diretto della questione della mancata tassazione della prima casa nell’imposta patrimoniale comunale pur tenendo conto, attraverso la previsione dell’aliquota ribassata e della detrazione, delle preoccupazioni equitative collegate a un bene così sensibile dal punto di vista redistributivo, come è l’abitazione principale. Infatti, se applicassimo il regime Ici 2007, quello in vigore prima della progressiva esenzione della prima casa dalla tassazione patrimoniale, il limite di valore catastale non soggetto ad alcun prelievo sarebbe equivalente a circa 43mila euro. Nella nuova normativa, il limite è ora innalzato a 50mila euro”. Il secondo pregio consiste nel fatto che, soprattutto attraverso la potente rivalutazione delle rendite catastali, la nuova Imu produce un aumento rilevante del prelievo immobiliare. “Si tratta di una scelta opportuna perché nel confronto internazionale l’imposizione in Italia risulta(va) meno gravosa che nella maggior parte degli altri paesi, e perché tassare gli immobili è una modalità di prelievo fiscale “più amica” della crescita economica rispetto ad altri tipi di imposizione. In terzo luogo, la manovra consegna ai comuni una leva potente di fiscalità, in passato fiaccata dall’esenzione della prima casa dalla base imponibile. La Relazione tecnica valuta che alle aliquote base (e quindi al netto dell’eventuale aumento di aliquote autonomamente deliberato dai comuni) il gettito della nuova Imu accresca di 2 miliardi le entrate fiscali del complesso dei comuni rispetto a quanto promesso con la versione Imu precedente (e al netto della riserva a favore dello Stato)”. Passando agli aspetti critici, il primo è relativo “alle iniquità, non risolte, del sistema delle rendite catastali tra diverse aree territoriali del Paese, tra diversi quartieri nelle aree urbane, tra diverse tipologie di immobili soprattutto residenziali. L’aumento deciso del moltiplicatore applicato alle rendite attuali, anzi, le enfatizza fortemente. Un secondo elemento critico è quello della tassazione delle abitazioni date in locazione. Nella precedente normativa sull’Imu, il proprietario di un’abitazione locata era assoggettato a un’imposta dimezzata rispetto all’aliquota normale: 3,8 contro 7,6 per mille. Ora la riduzione dell’aliquota (fino al minimo del 4 per mille) è possibile, ma deve essere deliberata discrezionalmente dal comune e ovviamente a carico del suo bilancio. Nel caso in cui il maggior onere venga traslato dai proprietari sugli inquilini, potrebbe portare a effetti di iniquità”. L’ultimo punto problematico riguarda le relazioni tra diversi livelli di governo (comuni e Stato) coinvolti nella riforma Imu. “Lo Stato si riserva una potente compartecipazione nel gettito incrementato dal rientro della prima casa e dalla rivalutazione delle rendite catastali. Inserire una compartecipazione erariale in un tributo locale può indebolire l’incentivo del comune a gestire efficientemente il tributo”.