Tanto varrebbe chiamarla Iniquitalia, a dare ragione alle proteste e  al malcontento che ha suscitato negli ultimi tempi, complice anche la  crisi. Equitalia è la società pubblica che si occupa della  riscossione delle tasse non pagate. E lo fa con ogni mezzo (anche  quelli più odiosi, come il fermo amministrativo dell’auto o l’ipoteca  sulla casa) e un certo successo, visto che nel 2010 c’è stato un  incremento degli incassi con quasi 9 miliardi di euro recuperati, il  15% in più rispetto al 2009. Il trend per il 2011 si annuncia anche  più remunerativo. Un’efficienza professionale che però non  contribuisce per niente a riscattare il ruolo dell’esattore, da  sempre un catalizzatore di antipatia. Se non di vero e proprio odio.
«Bisognerebbe umanizzarla» commentava nei mesi passati l’ex ministro  dell’Economia Tremonti che denunciava l’«eccesso di applicazione»  delle ganasce fiscali, e l’applicazione di interessi troppo elevati  vicini «all’anatocismo». Nulla però che giustifichi il ricorso alla  violenza di attentati terroristici o pacchi bomba, come quello che ha  ferito il direttore generale di Equitalia, Marco Cuccagna. Ma è un  dato di fatto che tra cartelle esattoriali con importi pari a più del  doppio del debito che hanno fatto gridare all’usura o svuotamento  automatico del conto corrente, il malcontento è sempre più palpabile.  Un mese fa dall’idea di Maurizio Zamparini, imprenditore e presidente  del Palermo Calcio, è nata anche un’associazione “Movimento per la  gente”, per protestare contro le «vessazioni» di Equitalia. E che ora  però prende decisamente «una netta e decisa distanza da quanto  accaduto, non considerando la violenza il giusto mezzo per proseguire  una battaglia».
La regione in cui si sono avute le proteste più  accese è la Sardegna, che con un ordine del giorno del Consiglio  ragionale, una ventina di giorni fa, ha deciso di passare alla  riscossione diretta, di fatto un licenziamento di Equitalia dopo le  manifestazioni unitarie del popolo delle partite Iva, di  commercianti, artigiani, allevatori e agricoltori. Proteste dure ci  sono state anche in Piemonte e Calabria. E un riverbero si è  registrato anche in parlamento: se l’Idv aveva proposto una  commissione di inchiesta, analoghe iniziative erano arrivate anche  dal Pdl (Guido Crosetto in particolare aveva parlato di «un potere  senza uguali al mondo»). Del clima di ostilità si lamenta senza mezzi  termini il presidente di Equitalia, Attilio Befera: «Mi sembra chiaro  che negli ultimi anni Equitalia ha subito una campagna denigratoria  per il lavoro che sta facendo nel rispetto della legge e questa  campagna può dare frutti impazziti. La tensione è salita e adesso  siamo sotto shock per quello che è successo». Il direttore Cuccagna  raccoglie naturalmente una solidarietà unanime, dal presidente della  Repubblica al governo, a tutte le parti politiche. Ma sui blog e sui  social network molti festeggiano. «Che sfiga solo il dito e  l’occhio», scrive una ragazza nel gruppo «Fermiano Equitalia». E su  Facebook un’altro aggiunge: «Ecco cosa succede a tirare troppo la  corda e a mettere le mani nelle tasche dei cittadini».
Secondo la  Cgia di Mestre nel 2010 in media ogni italiano ha sborsato 159,7 euro  di cartelle esattoriali. I più «pressati» sono stati i cittadini del  Lazio, con 217,6 euro, seguiti da toscani (192,6) e lombardi (189,7  euro). Quanto agli strumenti di riscossione coattiva utilizzati da  Equitalia i più gettonati sono i preavvisi di fermo amministrativo  (26,8 volte ogni mille abitanti nel triennio 2007-2009) e  l’iscrizione di fermo amministrativo. E se sul sito del movimento di  Zamparini campeggia lo slogan «Equitalia sta uccidendo la gente che  produce. Fermiamola», Befera invita a non attribuire a Equitalia «un  improprio ruolo di ammortizzatore sociale, cercando di limitare  l’azione di recupero coattivo».
il caso Inflessibili ed efficienti L’indigesta ricetta dell’esattore pubblico E anche Tremonti disse: “Bisognerebbe umanizzarla”
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