Da 915 a 1440 euro lordi.  L?adeguamento all?inflazione, che il decreto Salva-Italia limita agli  assegni che non superano come importo il doppio del minimo Inps,  potrebbe essere ampliato. La commissione Lavoro della Camera ha  infatti elaborato ieri un parere sulla manovra che propone di salire  sino tre volte questo importo, passando appunto da 915 a 1440 euro  lordi. Il governo si dimostra disponibile ma «a saldi invariati», fa  sapere il viceministro al Lavoro, Michel Martone. Che vuol dire che  qualsiasi modifica dovrà prevedere una copertura economica di pari  importo. Pd, Pdl e Terzo polo sono però ottimisti: e si attendo già  per oggi il semaforo verde da parte di Monti.
Come garantire il  finanziamento di questo ritocco? Tra i suggerimenti per coprire il  vuoto che si verrebbe a creare nella manovra ci sono i contributi di  solidarietà sulle pensioni d’oro (qualche fonte ipotizza anche un  taglio secco oltre quota 120 mila euro), sulle baby pensioni e  l’incremento della percentuale del prelievo sui capitali scudati, che  secondo alcuni potrebbe anche raddoppiare dall?attuale 1,5 al 3%. Un  altro punto che potrebbe essere ritoccato riguarda la graduazione  delle cosiddette quote, che in alcuni casi costringono i lavoratori  ad andare in pensione fino a 6 anni più tardi. Da rivedere inoltre la  questione relativa alla penalizzazione dei lavoratori che vanno in  pensione avendo meno di 62 anni di età con 42 anni di contributi.  Sintetizza Cesare Damiano (Pd), ministro del Lavoro durante il  governo Prodi: «Non sfugge a nessuno la necessità di una rapida  approvazione della manovra in difesa del nostro Paese. Non è tuttavia  accettabile che la parte preponderante dello sforzo a cui è chiamata  l’Italia ricada sulle spalle dei più deboli». E ricorda che in  commissione il parere è stato votato da tutti, con la sola eccezione  della Lega che «continua a fare demagogia». Condivide Giuliano  Cazzola (Pdl): «Le nostre proposte si muovono all’interno del disegno  riformatore contenuto nel decreto senza alterarne i criteri  fondamentali, ma limitandosi a limitare e a graduare nel tempo taluni  effetti economici e sociali eccessivamente rigorosi».
Secondo l’Istat  i pensionati poveri sono quasi 2,3 milioni, un terzo di questi (il  29,8%) percepisce una pensione inferiore ai 915,52 euro. Una quota  che con la riforma sarebbe destinata ad aumentare. Un’eventuale  estensione dell’indicizzazione fino a 1200 euro lordi mensili (ma  Susanna Camusso chiede al governo «ancora un passo» per arrivare a  1500-1600 euro lordi) consentirebbe di tutelare un ulteriore 6,5% dei  pensionati a rischio di povertà (163 mila).
Intanto ieri si è  scoperto che il blocco della rivalutazione delle pensioni superiori a  due volte il minimo rispetto all’inflazione è «totale» e non solo  sulla parte eccedente i 935 euro. È questo il contenuto del testo  finale del decreto approvato dal Governo, che prevede comunque una  clausola di salvaguardia per le pensioni di poco superiori a questa  cifra che rischierebbero di venire «sorpassate» dalle pensioni di  poco più basse che hanno diritto alla rivalutazione. Dunque nel caso  si avesse una pensione di 938 euro – e quindi bloccata rispetto  all’inflazione – ma ci fosse una rivalutazione per le pensioni di 934  euro, ad esempio del 2% e quindi di 18,68 euro fino ad arrivare a  948,64 euro, anche la pensione di 938 passerebbe a 948,64 euro.
Nel  mirino intanto finiscono altri privilegi della «casta». Sempre la  Commissione Lavoro ieri ha infatti chiesto di intervenire sulle  pensioni degli organi costituzionali e delle Authority, vere  roccaforti del privilegio, definendo «urgente e improcrastinabile  un’iniziativa che affronti, secondo il principio dell’equità e sulla  scorta di quanto si appresta a decidere il parlamento, i regimi  pensionistici degli altri organi costituzionali, delle autorità  indipendenti e di altre situazioni di oggettivo privilegio, derivanti  da aspetti abnormi del sistema retributivo, anche prevedendo il  passaggio al calcolo contributivo pro-rata». Per quanto riguarda il  Parlamento il collegio dei questori di Camera e Senato ha dato il via  libera alla riforma dei vitalizi dei parlamentari che verrà  definitivamente votata il 14 dicembre dagli uffici di presidenza dei  due rami del parlamento: dal 2012 anche per onorevoli e senatori si  passerà definitivamente al sistema contributivo. 
Spiraglio sulle pensioni ?Salvarle fino a 1440 euro? Voto bipartisan in Commissione. Il governo: possibile, ma a saldi invariati
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