NUOVI AUMENTI DOPO PANE E PASTA In tavola arriva il caro-fettina Il prezzo della carne salirà del 20% “In Italia nessuno coltiva più i foraggi”
ROSARIA TALARICO
ROMA
Dopo pane e pasta, ora tocca alla carne: la bistecca potrà costare dal 15 al
20% in più. Per i produttori il rincaro è inevitabile a causa degli aumenti
dei costi, primo tra tutti quello per l’alimentazione degli animali (i
cereali con cui vengono nutriti sono più cari).
Ieri mattina Paolo De Castro, il ministro delle Politiche agricole
alimentari e forestali, ha incontrato i rappresentanti di Federalimentare
proprio per discutere della lievitazione del costo delle materie prime
alimentari. La carne è compresa nell’elenco. Per trovare la causa del
caro-fettina si arriva fino alle politiche comunitarie. «La situazione
attuale è la prevedibile conseguenza di una politica agricola europea
dissennata – spiega Luigi Scordamaglia, vicepresidente di Assocarni e di
Federalimentare – la cui finalità principale negli ultimi anni è stata
quella di smantellare la produzione, convincendo gli agricoltori a smettere
di produrre attraverso incentivi in denaro. Il risultato è stata la
trasformazione dei campi in giardini e un aumento delle importazioni di
carne».
Le previsioni
Secondo il commissario europeo all’agricoltura Mariann Fischer Boel è
inevitabile attendersi un aumento imminente del prezzo di vendita, fino al
30%. «Questo è un valore generale, senza specificare se si tratti di carne
bovina, suina o di pollame – precisa Scordamaglia – noi possiamo dire che la
carne bovina da sempre ha minori oscillazioni di prezzo. Sono dieci anni che
non subisce aumenti perché sono stati tutti assorbiti dagli allevatori e
dalle industrie di trasformazione. Ma non è più possibile continuare così
perché si metterebbe in discussione la sopravvivenza stessa della filiera
produttiva».
Oltre ai prezzi aumentano però anche i consumi. Gli italiani nel 2006 hanno
mangiato 25 chili di carne bovina pro capite. Nel 2001 i chili per persona
erano 22,5. Ad essere in calo è il consumo di carne di pollo: si è passati
dai 18,5 chili del 2001 ai 14,5 del 2006. «L’industria di trasformazione
continuerà a dimostrarsi responsabile come ha sempre fatto – assicura il
vicepresidente di Assocarni – in altri termini questi indispensabili aumenti
non creeranno certo ricchezza aggiuntiva alle imprese ma serviranno a
garantire solo la sopravvivenza delle imprese stesse».
Le reazioni
Per quanto riguarda le misure da intraprendere per contrastare i rincari,
gli operatori puntano sulle soluzioni di lungo termine. «Bisogna tutti
insieme avere il coraggio di voltare pagina e ritornare a porre alla base
della politica comunitaria priorità come l’aumento del livello di
autosufficienza dell’Unione europea – conclude Scordamaglia – solo così si
potrà continuare a offrire un prodotto di elevata qualità ma in quantità
adeguata e ad un prezzo accessibile».
Il presidente di Federalimentare Gian Domenico Auricchio prova a rassicurare
i consumatori: «Una famiglia composta da 4 persone spenderà secondo le
nostre stime circa 5 euro in più ogni mese».