Rosaria Talarico

"Natural born journalist"

amuchina
Infodemia - Come contrastarla

Per il virus dell’ignoranza non c’è quarantena che tenga


PICCOLA GUIDA PER SOPRAVVIVERE ALLE FAKE NEWS SANITARIE

Per il virus dell’ignoranza non c’è quarantena che tenga, specie nell’epoca dei social media.

Chi si occupa di informazione in maniera professionale ha però il dovere della correttezza e della veridicità dei fatti raccontati. Ho riassunto di seguito per comodità un elenco di fonti ufficiali e di esperti di epidemiologia e virologia, universalmente riconosciuti come tali che, spesso inascoltati, hanno messo fin da subito a disposizione le loro conoscenze.

Un elenco che non ha la pretesa di essere esaustivo, ma può essere collaborativo se vorrete contribuire a segnalare medici, siti e pubblicazioni che riportano dati scientifici e non polemiche. Lo scopo è diffondere informazioni affidabili e non panico.

Le mascherine ad esempio servono a chi è già contagiato, non a tutti gli altri!

È innegabile che le misure di quarantena (le uniche veramente efficaci, visto che i virus non hanno passaporto e non ha senso prendersela con una nazionalità) sono state applicate in ritardo. Dovevano scattare subito o almeno da appena si è capita qual era la durata del periodo di incubazione e il fatto che il contagio fosse possibile anche con soggetti asintomatici.

E c’è una voce molto qualificata a sostenerlo, il professore ordinario di Igiene alla Cattolica, Walter Ricciardi: «Paghiamo il fatto di non aver messo in quarantena da subito gli sbarcati dalla Cina». È l’errore principale che rimprovera al governo davanti all’improvvisa impennata di contagi da coronavirus in Italia. In un’intervista alla Stampa, il membro del Consiglio esecutivo dell’Oms teme che i focolai scoppiati nel Paese «diventino un’epidemia. Lo sapremo fra due settimane. Abbiamo chiuso i voli – dice Ricciardi – una decisione che non ha base scientifica, e questo non ci ha permesso di tracciare gli arrivi, perché a quel punto si è potuto fare scalo e arrivare da altre località». Altro dato preoccupante per il docente è il contagio che ha riguardato anche gli operatori sanitari: «Significa che non si sono messe in campo le pratiche adatte, oltre al fatto che il virus è molto contagioso. L’Italia avrebbe dovuto quindi muoversi come hanno già fatto altri Paesi come Francia, Germania e Regno Unito che «seguendo l’Oms, non hanno bloccato i voli diretti e hanno messo in quarantena i soggetti a rischio».

https://www.corriere.it/…/coronavirus-ricciardi-la-prossima…

La comunicazione di crisi, questa sconosciuta

«La strada migliore – spiega Pierluigi Lopalco, professore di Igiene e medicina preventiva all’università di Pisa che sta studiando l’andamento del coronavirus giorno per giorno – è mantenere la calma ma anche accettare che i sanitari devono preparare lo scenario peggiore proprio per prevenirlo».

E non è affatto detto che comunicare bene voglia dirlo farlo ogni ora, in maniera ossessiva. O ancora peggio sentire dichiarare al presidente del Consiglio di essere “sorpreso” dell’esplosione dei contagi. D’altra parte più si comunica più c’è il rischio di dire sciocchezze. È mancato come giustamente lamenta Ricciardi «lo stato d’emergenza per avere una sola linea di comando per tutte le regioni per evitare chei le realtà locali vadano in ordine sparso».

Il Sud, ultimo anche nell’epidemia

Sembrerebbe un bel primato, una volta tanto. Ma in realtà è uno degli indici della nota arretratezza meridionale: il coronavirus colpisce Lombardia e Veneto che sono le regioni dove si produce, si commercializza, si viaggia per affari. Magari ora le cose potrebbero cambiare con la fuga di emigrati che “tornano giù”, “al sicuro”…

Passiamo a una virologa che l’Italia, in particolare la magistratura e la stampa, hanno trattato come peggio non si poteva: Ilaria Capua. Lo scrive lei stessa nella sua bio su Twitter di essere una “fake news Survivor”. Invece di mandare a quel paese i giornalisti italiani (ora che è ritornata negli Stati Uniti dove ricopre un incarico prestigioso), si è fatta intervistare molte volte in tv e sui giornali.

Ha lanciato l’hashtag #PandemicsCost per stigmatizzare l’allarmismo diffuso e insensato che provoca gravi danni, anche economici.

Questo il suo profilo https://twitter.com/ilariacapua dove ha definito il corona virus “altamente trasmissibile e poco aggressivo”.

Qui un video in cui invita i media alla responsabilità.

Su Fanpage.it spiega perché il contagio era inevitabile e adesso panico o il negazionismo possono solo peggiorare la situazione. Al contrario, l’unica cura a questa nuova sindrome influenzale da Coronavirus è un’enorme assunzione di responsabilità collettiva. In poche parole: dobbiamo rispettare le regole.

“Che cosa stiamo osservando di diverso, allora? Perché siamo tanto spaventati? Semplice: perché alcuni hanno avuto l’ottimismo un po’ illusorio di fermare un virus con questo elevatissimo livello di trasmissibilità. Abbiamo creduto che la Cina, con le misure draconiane che ha messo in atto, potesse tenersi tutto il contagio”.
Era illusorio, e ora lo vediamo in tutta la sua banalità. Anche perché c’è stata una grossa movimentazione di studenti prima delle misure di quarantena, a causa delle vacanze legate al capodanno cinese. Sebbene l’epicentro fosse Wuhan e la provincia di Hubei, la trasmissione era già iniziata da settimane e la sindrome influenzale da Coronavirus era già uscita nel resto della Cina. Queste persone, già contagiate, ne hanno contagiate altre, che a loro volta si sono mosse ancora. Ecco perché oggi abbiamo un focolaio con alta trasmissibilità in Giappone, così come in Corea, così come in Iran. Sinceramente, non si capisce per quale motivo pensassimo che l’Italia potesse immaginare di essere risparmiata. Perché i virus non aspettano. E l’efficacia delle misure di quarantena è legato all’immediatezza della risposta.
Noi però siamo un Paese occidentale, con un sistema sanitario che funziona, e di questo dobbiamo essere orgogliosi e consapevoli. Però dobbiamo fare anche altro: dobbiamo fare il più grosso sforzo di responsabilità collettiva della nostra Storia. Il problema vero di questa malattia è infatti che si infettino tantissime persone contemporaneamente. Cosa che bloccherebbe i servizi, intaserebbe gli ospedali e darebbe un grosso colpo alla produttività del Paese.
Nei prossimi giorni, presumibilmente, saranno suggerite una serie di linee guida proposte dalle organizzazioni internazionali che saranno recepite dallo Stato, dalle Regioni, dai Comuni. Noi dobbiamo semplicemente – si fa per dire – fare lo sforzo di rispettare quelle regole. In questo momento non c’è tempo per l’improvvisazione. Non c’è tempo di dire “Io non credo a quel che mi dicono le istituzioni”. Non c’è tempo per fake news, teorie del complotto, negozionismo. È un’emergenza sanitaria, questa, che non riguarda noi come singoli, ma che ci riguarda come comunità e come sistema Paese. Noi dobbiamo essere parte della soluzione e non parte del problema”.

Intervistata a “In 1/2 ora” da Lucia Annunziata: “Non c’è da piangere ma nemmeno da ridere, bisogna solo seguire pedissequamente quello che le organizzazioni internazionali ci dicono di fare“. Secondo la scienziata, che negli Stati Uniti dirige il One Health Center of Excellence della University of Florida, quella in atto è “una sindrome simil-influenzale causata da coronavirus” che potrebbe durare “fino a primavera inoltrata o prima dell’estate. Avremo a che fare con questo virus per un po’ di tempo”, avverte, “ma usiamo tutti il cervello ed evitiamo che girino notizie stupide che spaventano le persone più fragili”. Se si tratti di pandemia, secondo la virologa, si potrà dire solo “quando avremo test diagnostici applicati in tutta Europa. Sono convinta”, conclude, “che il virus farà il giro del mondo in tempi abbastanza rapidi, perché siamo tanti e il virus troverà tanti corpi, come batterie. Ma non vuol dire che ci saranno forme gravi, anzi molto probabilmente sarà sempre più debole”.

Su La Stampa spiega l’importanza della quarantena:

“L’emergenza sanitaria che stiamo affrontando è una «sindrome simil-influenzale da Coronavirus». Dobbiamo quindi trattarla come un probabile brutta influenza: Covid-19 è un’infezione che provoca nella maggior parte dei casi sintomi lievi.
In alcuni più gravi, e in altri, purtroppo, gravissimi. Esattamente come accade in ogni normale influenza stagionale. Questo però è il momento di opporre al virus una reazione di grande coscienza collettiva. Dobbiamo fare forse il più grande sforzo di responsabilità della nostra epoca. Il problema vero di questa malattia è legato ai numeri: se il contagio coinvolgesse tantissime persone contemporaneamente correremmo rischi gravissimi. Nell’ipotesi che si dovesse ammalare (o mettere in quarantena) il 20 per cento della popolazione italiana, si bloccherebbero i servizi, si intaserebbero gli ospedali e si darebbe un grosso colpo alla produttività del Paese. Non illudiamoci: ci vorrà un anno per trovare il vaccino e mi aspetto che la sindrome influenzale da coronavirus continuerà a diffondersi sino a primavera inoltrata. Nel frattempo l’Italia, come il resto dei Paesi del mondo, devono non solo seguire le linee guida internazionali, ma attuare comportamenti individuali in grado di rendere la vita più difficile al virus. Penso quindi che durante il picco dell’epidemia le scuole potrebbero lasciare a casa i propri allievi e sostituire l’insegnamento diretto con piattaforme tipo Skype o FaceTime. Le aziende potrebbero attuare il tele-lavoro e anche piccole azioni quotidiane come smettere di fare la spesa possono avere una grande incidenza nel blocco della diffusione del virus: si potrebbe ad esempio potenziare la consegna a domicilio. È ovvio e assolutamente fondamentale, seguire regole base come lavarsi le mani e, nel caso non si stia bene, evitare di frequentare luoghi affollati. La regola deve essere la seguente: proteggere gli altri per proteggere se stessi e lavorare con intelligenza (tutti insieme) per arginare il contagio. Persino il medico che deve visitare un paziente potrebbe farlo da remoto, attraverso un computer. Esistono, e in questo momento più che mai vanno adottati, strumenti validi per contrastare i virus frapponendo una barriera tra noi e loro. E soprattutto non c’è tempo per fake news o teorie del complotto: questa è un’emergenza sanitaria che non ci riguarda come singoli, ma come comunità e sistema Paese. E noi abbiamo il dovere di essere parte della soluzione e non del problema.
Mi si chiede come mai in Italia il virus stia colpendo in modo così aggressivo. È una domanda mal posta. Troviamo tutti questi malati in questo momento, perché, semplicemente, abbiamo cominciato a cercarli. Cioè abbiamo iniziato a porci il problema se certe gravi forme respiratorie simil-influenzali fossero o meno provocate dal coronavirus. Sino a due settimane fa non avevamo nemmeno a disposizione, negli ospedali cittadini, i test diagnostici per riconoscerlo. Mi si chiede come si è giunti sino a questo livello di emergenza. Ormai sappiamo che la quarantena imposta a Wuhan è avvenuta con qualche giorno di ritardo rispetto alla partenza di moltissimi studenti per le festività del Capodanno cinese. La sindrome simil-influenzale si è quindi diffusa in Cina e da lì si è mossa prima in Asia – Giappone e Corea – e poi in tutti gli altri Paesi collegati con questi epicentri secondari. Non mi sorprendono i casi in Iran, ma mi preoccupano quei Paesi che non sono ancora attrezzati per diagnosticare il virus e quindi non possono mettere in atto misure di controllo. E qui ribadisco il nostro unico strumento di lotta: rallentare il contagio. Resta un dubbio. Come si fa a porre freno alla diffusione di un’infezione che non si sa di avere? Penso che in molti Paesi questa sindrome simil-influenzale stia circolando abbastanza indisturbata appunto perché si può confondere con una banale influenza. Quando ci accorgeremo che alcuni di questi casi sono stati provocati dal coromavirus bisognerà che ognuno se ne renda conto: questo è un problema che riguarda tutta l’umanità. E ognuno deve fare il proprio pezzetto”.

Pier Luigi Lopalco, professore di Igiene all’Università di Pisa ha spiegato all’Ansa che «la situazione è ormai molto difficile da controllare: abbiamo più focolai nel Nordest non collegabili tra loro e ciò significa che la circolazione del virus è invisibile, perché parte della catena di contagio non è stata individuata proprio perché manca ancora il ‘paziente zero’. Il problema – spiega Lopalco – è che non credo che tutti gli ospedale, anche i piccoli, siano preparati a gestire un’emergenza epidemica e il fatto che si siano infettati sanitari negli ospedali lombardi in questi giorni dimostra pure la carenza di dispositivi di protezione personale. Non bastano ospedali di eccellenza, serve che tutti gli ospedali siano pronti».

Su Facebook interessante il prof. Matteo Bassetti – Infettivologo

Se proprio volete dare una mano, lavatevele!

Qui un’altro virologo famoso, Roberto Burioni, spiega come fare in casa il disinfettante se non lo trovate da comprare al supermercato o in farmacia.

FONTI UFFICIALI

  • Decalogo da seguire diffuso dal ministero della Salute e Istituto superiore di sanità (come vedrete non c’è scritto di svuotare i supermercati o di usare mascherine a casaccio!):

https://twitter.com/MinisteroSal…/status/1231266148282273792

  • Il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica:

https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/

  • Sito dell’organizzazione mondiale della sanità (in inglese) con la sezione dedicata al corona virus e soprattutto alla lotta alle fake news sul tema:

https://www.who.int/…/novel-…/advice-for-public/myth-busters

Per esempio è spiegato perché non si corre nessun rischio a ricevere merci dalla Cina o come sia perfettamente inutile cospargersi di olio di sesamo (!) per bloccare il corona virus…

  • Il sito del ministero della Salute con una sezione che raccoglie le domande più comuni sul corona virus:

http://www.salute.gov.it/…/dettaglioFaqMalattieInfettive.js…

Grazie ai medici e al personale sanitario che stanno dando una grande prova di coraggio e abnegazione.

Occhio ai criminali che rubano agli anziani con la scusa dei tamponi per il coronavirus!

Rosaria Talarico

Rosaria Talarico

Giornalista professionista, è laureata in Scienze della Comunicazione presso l'Università La Sapienza di Roma con una tesi sulle tecniche di intervista. Collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani (L'espresso, La Stampa, Il Foglio, Il Corriere delle Comunicazioni, Economy) occupandosi di vari settori. Scrive articoli di economia, finanza, cronaca, politica, esteri, media e tecnologia. Nel 2007 ha vinto la sezione giovani del premio Ucsi (Unione cattolica stampa italiana) con il reportage sul precariato nel mondo della scuola pubblicato dal quotidiano La Stampa. In passato ha lavorato per Milano Finanza (Class Editori) e il settimanale Il Mondo (Rcs), nelle redazioni di Roma e Milano. Nel 2008 ha fatto parte dell'ufficio stampa del Ministero dei Trasporti. In precedenza, sempre nell'ambito degli uffici stampa, ha lavorato per le Camere di commercio italiane all'estero e per la società aeronautica Aérospatiale Matra Lagardère Internationale (ora Eads).

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