I commercialisti: ?Con il sommerso superiamo il 50%?
ROSARIA TALARICO
ROMA
I commercialisti non ci stanno e invocano maggiore severità nel contrasto all’evasione fiscale. Al dato diffuso dall’Istat sulla pressione fiscale al 43,2%, l’ufficio studi del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti contrappone un 51,6% «reale». Sensibilmente più alto perché tiene conto dell’economia sommersa, quella di chi non paga le tasse.
Presidente Claudio Siciliotti, è l’Istat che dà i numeri o siete voi troppo pessimisti?
«Noi lo diciamo da dieci anni, ma anche i centri studi di Confindustria e Confcommercio sono giunti alla stessa valutazione. La pressione fiscale viene calcolata con il rapporto tra tasse pagate e prodotto interno lordo. Ma da noi la quota di sommerso è pari a circa 250 miliardi. Ed è un dato reale: sulla parte sommersa le tasse non si pagano, quindi il carico fiscale è oltre il 50% e ci pone al primo posto nelle classifiche con gli altri Paesi».
Le altre nazioni non hanno problemi di economia sommersa?
«Per correttezza bisognerebbe fare la stessa operazione per gli Stati scandinavi, ad esempio. Ma ho i miei dubbi che il sommerso di quei Paesi sia superiore alla quota italiana…».
Qual è la situazione dell’Italia?
«Un Paese simile all’Inferno per chi paga le tasse e che può diventare un Paradiso per chi non lo fa. Passa il concetto che lavorare onestamente non si può perché si viene scuoiati dal Fisco».
Non ci pensano i commercialisti a suggerire le opportune…. contromisure?
«Questo sarebbe un discorso lungo. Ma è un dato di fatto che nella classifica degli Stati con la maggiore evasione fiscale subito dopo la Grecia c’è l’Italia, con 120 miliardi evasi e un 20% del Pil sommerso. Non è un primato di cui possiamo andar fieri».
Soluzioni?
«Ridurre i costi della pubblica amministrazione e perseguire una più decisa politica di contrasto all’evasione. La spesa pubblica è passata dai 550 miliardi del 2000 agli 800 di oggi. Un incremento di oltre il 40%, che non ha giustificazioni. Bastano pochi numeri e un conto da massaia: il 2009 si è chiuso con 720 miliardi di entrate e 800 di uscite. Il deficit quindi è di 80 miliardi e la manovra è di 25. E sono 30 anni che abbiamo entrate superiori alle uscite».
Più massaie al ministero dell’Economia?
«Diciamo meno economisti e più commercialisti che affrontano i numeri con sano buon senso».
Come va contrasta l’evasione?
«Credo nel redditometro: se ho la Porsche e uno yacht di 20 metri con un reddito annuo di 10 mila euro c’è qualcosa che non torna. Su questo si deve andare avanti fino in fondo e i commercialisti devono collaborare e non ostacolare l’accertamento della verità. Ma dico no all’abuso degli studi di settore che non rispecchiano la realtà».
E il rischio aumento delle tasse locali dopo i tagli alle regioni?
«E’ un rischio concreto perché pur tirandola da tutte le parti, la coperta è sempre quella. Ci vuole meno furbizia e più responsabilità da parte dei politici senza rinfacciare ai governi precedenti quello che non è stato fatto».