E il maestro Muti dice no alla Roma di Alemanno
ROSARIA TALARICO
Alla fine non ha potuto fare altro che suonargliele. Con un telegramma indirizzato al sindaco Gianni Alemanno, Riccardo Muti ha declinato l’offerta della cittadinanza onoraria di Roma. E finora a poco sono serviti i tentativi del sindaco di riportare l’armonia in una partitura dissonante fin dall’inizio. Con il risultato che uno dei nostri più famosi direttori d’orchestra (che di cittadinanze onorarie ne ha collezionate una quindicina) si è visto costretto a rifiutare per evitare «che una festa anneghi nella bassa politica», considerati gli «echi patetici e desolanti» che gli sono arrivati dalla Capitale. Succede infatti che, nel corso della seduta del consiglio comunale di lunedì, il presidente della commissione Cultura, Federico Mollicone, sollevi una questione sulla cittadinanza onoraria al Maestro perché «Muti sarebbe dovuto venire a Roma come direttore del teatro dell’Opera e attirare così sponsor e collaborazioni internazionali. In realtà questo non si è più verificato e Muti è un direttore ombra». La seduta si era conclusa con la mancanza del numero legale e il conseguente rinvio della proposta alla successiva (mercoledì), in cui la delibera per il conferimento della cittadinanza è stata alla fine approvata. Al voto però non hanno partecipato tre consiglieri che fanno capo al deputato Fabio Rampelli, storico amico ed alleato del sindaco Alemanno divenuto ferreo contestatore dopo il rimpasto della giunta di inizio gennaio. Tutta la faccenda non sarebbe altro che un regolamento di conti all’interno del Pdl romano. Mollicone ieri ha fatto marcia indietro. Muti dal canto suo assicura che il suo amore per Roma e il suo lavoro con il teatro dell’Opera non subiranno contraccolpi dalla vicenda, ma si è detto dispiaciuto che proprio la cittadinanza romana «si sia arenata in pastoie di un livello che ho definito basso solo per il mio ostinato spirito di collaborazione».