GOVERNO TENSIONE SULL’ECONOMIA Bossi blinda Tremonti e sposa la sua strategia Il ministro: sul decreto serve tempo e non posso fare miracoli
ROSARIA TALARICO
ROMA
Due ore di faccia a faccia tra Tremonti, il Senatur e lo stato maggiore della Lega (Maroni, Cota, Giorgetti, ecc. ecc). Incontro politico, raccontano alcuni dei presenti. Col Senatur attento a raccogliere lo sfogo del ministro dell’Economia, sfiduciato di fatto da Berlusconi la settimana scorsa mentre era a Washington per il vertice dell’Fmi. L’arrabbiatura del capogruppo Reguzzoni per l’assenza del ministro il giorno del voto su Marco Milanese sembra passata: la Lega non molla Tremonti, anzi. Cerca di mediare e di stemperare il clima nella maggioranza.
E il ministro, da poco rientrato in Italia, fa sapere di voler tirar dritto sulla propria strada. Ergo, nessuna corsa per approvare il nuovo pacchetto per lo sviluppo come vorrebbe il premier: il calendario resta quello fissato dal Tesoro (domani nuovo vertice in via XX Settembre con Confindustria, banche e Rete imprese Italia, poi giovedì il seminario sulla valorizzazioni degli immobili pubblici, decreto sviluppo pronto non prima di due settimane), il premier si metta il cuore in pace. «La bacchetta magica non ce l’ha nessuno», ripetono dal Tesoro. Come dire che il menù degli interventi è come sempre molto ampio, ma è difficile che si possano fare miracoli. E soprattutto che si possano reperire nuove risorse in quantità. Tanto più se non si abbatte l’enorme stock di debito pubblico, unica via per consentire al Paese di far ripartire l’economia.
Nella lista delle misure ci sono, come al solito, liberalizzazioni, semplificazioni burocratiche, cessione del patrimonio immobiliare. Ma soprattutto si punta molto sul capitolo infrastrutture e sul miglioramento della legge obiettivo perché da quando è entrata in vigore, 10 anni fa, non ha dato i risultati attesi: le opere pubbliche portate a termine sono ferme al 10% rispetto al programma complessivo e le risorse rese disponibili sono solo 74 miliardi rispetto ai 137 finanziati dal Cipe e un totale di 367 miliardi. Tra le novità allo studio si lavora a nuovi incentivi per stimolare l’apporto di capitali privati e allo sblocco di finanziamenti non usati da destinare a opere strategiche con misure specifiche per Ferrovie, Anas e porti.
Dopo il bombardamento mediatico della scorsa settimana per tenere nella partita anche Confindustria, ma non è detto che questo a questo punto basti, Tremonti e i suoi tecnici valutano pure la possibilità di accogliere qualche proposta del «Manifesto» di Confindustria, che tra l’altro chiede tagli mirati alla spesa pubblica e la riduzione del cuneo fiscale. A questo scopo, tra le ipotesi ci sono un nuovo condono (da apripista alla futura riforma fiscale), una mini-patrimoniale e una tassa sui prelievi di contante oltre i 5.000 euro. Sempre valida poi l’ipotesi di adeguare le rendite catastali, che porterebbe ad un aumento automatico sull’Ici e su altre imposte sugli immobili. La questione pensioni, col superamento di quelle di anzianità e l’anticipo del meccanismo basato sull’allungamento della speranza di vita, potrebbero essere rinviate alle legge di stabilità. Tutto liscio? Certamente no, anche perché a breve il governo dovrà affrontare un capitolo spinoso: per raggiungere il pareggio nel 2013 occorre tagliare 6 miliardi alle spese dei ministeri, cifra da ripartire fra i vari dicasteri.
Su Tremonti si è espresso anche Mario Monti, presidente della Bocconi ed ex commissario Ue, ospite de L’infedele di Lerner. Alla domanda se sia in grado di guidare la politica economica italiana ha risposto: «Potrebbe essere quello che tiene la barra più dritta degli altri, ma non lo so. Ottimo il contenimento del disavanzo, molto carente sull’azione per la crescita e lo sviluppo della concorrenza.