L?economista ?Promuovendo solo la formazione si rischia però la fuga di cervelli?
ROSARIA TALARICO
ROMA
È vero, a pagare sono stati i giovani». Francesco Daveri, professore di Politica Economica a Parma, sposa le tesi del governatore Ignazio Visco.
Ma quali sono le criticità?
«La principale è che l?ingresso dell?euro e la conseguente rinuncia alla svalutazione, l?hanno pagato i giovani. Le uniche riforme che hanno introdotto flessibilità sono state quelle Treu e Biagi. Ma hanno portato anche l?aumento e la convenienza delle aziende nell?uso del lavoro temporaneo. L?effetto è stato positivo per far scendere i tassi di disoccupazione».
Un meccanismo sul quale forse si è abusato…
«È stato così conveniente per le aziende che, avendo il lavoro precario disponibile, hanno usato questo strumento invece di innovare in maniera più sostanziale».
C?è poi il problema dell?anzianità che vince sul merito.
«Queste riforme hanno evidenziato ulteriormente una situazione tradizionale del mercato italiano, che premia l?anzianità e non l?istruzione. Le riforme del lavoro hanno penalizzato i nuovi ingressi nel lavoro rispetto agli assunti già sindacalizzati».
Per questo Visco sostiene che a sostegno dell?istruzione occorrono maggiori risorse…
«Certo. Purtroppo però è una condizione necessaria ma non sufficiente per il miglioramento della condizione lavorativa. Il rischio è che i giovani più istruiti e bravi vadano all?estero a trovare dei posti di lavoro decenti. La struttura aziendale italiana tende a privilegiare l?esperienza sul lavoro che non l?istruzione che viene dai banchi universitari. Gli ingegneri si lamentano di essere pagati allo stesso modo di chi ha fatto scuole tecniche ed è andato a lavorare subito. Bisogna investire in istruzione, ma deve crescere la dimensione delle imprese italiane. Altrimenti i soldi pubblici impegnati genereranno la fuga verso l?estero dei cervelli italiani».