Pensioni, il no dei sindacati Marcegaglia: non è ora di veti Duello sulla riforma. Camusso e la Cgil: “I 40 anni soglia intoccabile”
È bastato toccare il nodo delle pensioni, a cominciare da quelle di anzianità, per vedere affievolirsi il clima di concordia intorno all’esecutivo guidato da Mario Monti. Di fronte all’ipotesi di portare a 41-43 anni i contributi minimi per lasciare il lavoro, il muro dei sindacati non si è fatto attendere. «Il governo deve sapere che 40 è un numero magico e intoccabile e mi pare che questo sia esaustivo della discussione», ha dichiarato ieri il segretario generale della Cgil Susanna Camusso. Nessuna apertura su questo punto, quindi, ma anche una presa di distanza dal «commentare indiscrezioni e indicazioni visto che fino ad ora dal governo non è arrivata nessuna convocazione alle parti sociali per discutere la questione delle pensioni».
Ironizza sulla magia del numero 40, Alberto Bombassei, vicepresidente di Confindustria: «Se riferito ai suoi di anni forse è un rimpianto dei 40 anni. Sulle pensioni dobbiamo fare tutto quello che fanno gli altri Paesi evoluti d’Europa. Non possiamo permetterci il lusso di fare delle cose che non possiamo più fare». Ancora più esplicita la presidente degli industriali, Emma Marcegaglia: «Questo non è il momento di porre veti, qui bisogna salvare il Paese. Ormai di intoccabile non c’è più niente. Certamente credo che vadano toccate le pensioni: 40 anni non è un numero invalicabile». Per il presidente di Confindustria è ora che «tutti capiscano che o ci salviamo tutti o perdiamo tutti. Siamo d’accordo sul fatto che la manovra debba essere equa. Certamente penso vadano toccate le pensioni di anzianità e 40 non è un numero invalicabile. Bisogna poi far pagare tutti. Non possono essere solo i pensionati a pagare, che poi non significa pagare ma lavorare un po’ di più come succede in tutti i Paesi del mondo perché in nessun Paese si va in pensione a 58 anni».
A stretto giro di posta arriva la replica della Cgil, per bocca di Danilo Barbi della segreteria nazionale: «Marcegaglia ha proprio ragione. Oggi di intoccabile non c’è più niente. Ma allora perché non cominciamo dalla patrimoniale?».
Anche dal leader della Cisl Raffaele Bonanni arriva un altolà: «Sulle pensioni non vogliamo un blitz, bisogna discutere. Con il governo non ci deve essere una sceneggiata in cui loro tirano dritto e gli altri protestano ma ci deve essere una discussione trasparente e immediata». Per Bonanni in materia pensionistica serve «il rafforzamento della previdenza integrativa, l’armonizzazione dei contributi e la fine dei privilegi. Se si allunga così tanto l’età bisogna capire che fine farà ogni lavoratore». No secco all’ipotesi di portare oltre i 40 anni gli anni di contribuzione necessari per andare in pensione anche dalla Uil. «Sarebbe ingiusto, un sopruso», dice Luigi Angeletti, che fa notare che i lavoratori non avrebbero nessun aumento alla pensione e quindi verserebbero contributi gratis senza avere nessun ritorno sulla pensione. «È un obolo, una donazione alle casse pubbliche», dice Angeletti, che si dice pronto ad esprimere la sua opinione «quando il governo vorrà illustrare un’ipotesi concreta e articolata. Ho avuto contatti con esponenti del governo ma non ho ricevuto anticipazioni». Rispetto al metodo contributivo Angeletti è invece d’accordo perché è giusto ricevere in proporzione a ciò che si è versato.
Prudenza sulle indiscrezioni ostenta anche Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro nel governo Prodi. Che però definisce «improponibile» un intervento sulle pensioni di anzianità. «Chi ha totalizzato 40 anni di contributi – spiega – sarà costretto a prolungare di un anno la sua permanenza a lavoro a causa della finestra mobile e non si può pensare di costringerlo ad un ulteriore proseguimento dell’attività lavorativa, se non in termini volontari e con un adeguato incentivo pensionistico».
Sulla stessa linea anche l’Idv, tutte le forze di sinistra, ed anche la Lega. Il capogruppo alla Camera, Marco Reguzzoni ribadisce che «il nostro sistema pensionistico è in equilibrio». Per cui non serve intervenire.