domande e risposte MISSIONE IN AFGHANISTAN Quanti sono i morti italiani?
Quanti sono i caduti italiani nella missione
in Afghanistan?
Con i tre soldati deceduti nell’incidente di ieri si arriva a un totale di 46 militari che hanno perso la vita durante la missione in Afghanistan. A partire dall’anno 2004 il numero delle vittime è andato sempre aumentando. Nel 2012, in neanche due mesi, sono morti quattro soldati. Nel 2011 i caduti sono stati invece nove. Il 18 gennaio 2011 il caporal maggiore scelto Luca Sanna perde la vita in seguito alle ferite di colpi d’arma da fuoco esplosi da un appartenente all’Afghan National Army, poi fuggito. Sono tutti accomunati dalla stessa morte, con l’esplosione di un ordigno improvvisato (Ied), il tenente Massimo Ranzani, il caporal maggiore scelto Gaetano Tuccillo, il 1° caporal maggiore Roberto Marchini. Il 25 luglio 2011, il 1° caporal maggiore David Tobini muore in seguito alle ferite riportate in uno scontro nel villaggio di Khame Mullawi, nella valle di Bala Murghab. Il 23 settembre 2011 il capitano Riccardo Bucci, il caporal maggiore scelto Mario Frasca, il caporal maggiore Massimo Di Legge muoiono invece per un incidente stradale vicino a Herat.
Quanti soldati ha inviato l’Italia in Afghanistan?
Sono 4282 (dato aggiornato al 31 dicembre 2011) i militari italiani presenti in Afghanistan, in massima parte nella base del Regional Command West a Herat, nell’area Ovest del Paese. Il personale (circa 4 mila uomini) appartiene soprattutto alla Brigata Sassari, che terminerà il proprio turno di sei mesi di impiego a fine marzo.
A quali armi appartengono?
La componente principale è costituita dal personale proveniente dall’esercito, ma è presente anche un significativo contributo di uomini e mezzi dell’aeronautica, della marina militare, dei carabinieri e della guardia di finanza.
Dov’è dislocato il contingente italiano in Afghanistan?
Il contingente è schierato nelle città di Kabul ed Herat. Nell’area di Kabul è presente nello staff del comando dell’operazione, chiamato ISAF Joint Command HQ, con personale dell’esercito (circa 240 uomini). A Herat l’Italia detiene il comando di un contingente nazionale interforze, che ha la responsabilità anche su quattro Provincial Reconstruction Team (PRT), che operano nella provincia di Herat. C’è poi una piccola ma essenziale rappresentanza di militari (90 persone) ad Al Bateen, Abu Dhabi (Emirati Arabi Uniti), dove sono dislocati alcuni velivoli che assicurano il sostegno logistico all’intera missione italiana.
Perché l’Italia partecipa alla missione internazionale in Afghanistan?
Perché sostiene la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite numero 1386 del 20 dicembre 2001. L’Italia è inserita in una forza multinazionale denominata Isaf (International security assistance force) che dal 2003 è sotto il comando della Nato.
Qual è il compito dei nostri militari all’interno della missione?
Svolgono diverse funzioni: dall’assistenza umanitaria alla popolazione al contrasto al terrorismo internazionale. L’impiego dei militari italiani serve a sostenere il governo afgano nello svolgimento delle attività di sviluppo e consolidamento delle istituzioni locali, affinché il governo afghano possa stabilizzarsi e garantire sicurezza ai suoi cittadini. Il contingente nazionale dispone, inoltre, di mezzi di supporto, terrestri e aerei, per missioni di sorveglianza e ricognizione. L’Italia partecipa anche alla missione di polizia Europol-Afghanistan sviluppata dall’Unione Europea: iniziata il 15 giugno 2007, l’iniziativa ha lo scopo di sviluppare le attività di «training», «advising» e «mentoring» a favore del personale afgano destinato alle unità dell’Afghan national police (Anp) e dell’Afghan border police (Abp). Ad occuparsene sono carabinieri e finanzieri. L’Italia, inoltre, nell’ambito della Nato Training Mission-Afghanistan, è impegnata ad Herat nell’addestramento della polizia di frontiera, in collaborazione con il personale Usa.
Perché, se si parla
di missione di pace (peacekeeping), ci sono così tanti morti?
I soldati italiani, in effetti, svolgono principalmente missioni di pace e sono impegnati con le forze di sicurezza afgane nel creare le condizioni di sicurezza in cui il Paese possa riprendere un cammino democratico. Oltre a questo hanno costruito scuole, ospedali, strutture civili a vantaggio della popolazione. Sono, tuttavia, oggetto di attacchi ripetuti da parte degli «insorgenti» (come i talebani), che non tollerano la presenza di stranieri in armi sul territorio afghano. Ma a causare la morte non sono solo scontri a fuoco e attacchi terroristici. Purtroppo molto diffusi sono gli incidenti stradali.