LA CRISI LA POLEMICA Stipendi da tagliare Monta l’ira della Casta “Tutta colpa dei giornali”. Fini e Schifani promettono rapidità
ROSARIA TALARICO
ROMA
Il primo istinto della «casta» è quello di riversare la colpa sui soliti giornalisti travisatori della realtà. Definiti «gazzettieri dell’antipolitica», istigatori all’omicidio, addirittura. Il rinvio dei tagli degli stipendi dei parlamentari su cui ieri titolavano molti giornali ha provocato reazioni forti tra i politici, che non ci stanno a passare per quello che non sono. C’è chi mantiene la calma e prova a chiarire quello che è successo, non fosse altro che per il ruolo istituzionale ricoperto. In un comunicato congiunto i presidenti della Camera e del Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani smentiscono qualsiasi volontà dilatoria nel procedere alla riduzione dei trattamenti dei parlamentari, avendo anzi sollecitato la consegna del rapporto (sulle retribuzioni dei parlamentari in Europa) affidato al presidente dell’Istat, da cui dipende la quantificazione del taglio.
«Come dimostrano anche le recenti decisioni autonomamente assunte dagli Uffici di Presidenza di Senato e Camera sulla nuova disciplina dei cosiddetti vitalizi – hanno messo nero su bianco i presidenti delle Camere – il parlamento è pienamente consapevole dell’esigenza di dar vita ad atti esemplari e quindi anche di adeguare l’indennità dei propri membri agli standard europei, secondo quanto già votato in aula nei mesi scorsi». Aggiungendo che «non corrisponde pertanto al vero quanto ipotizzato da alcuni organi di informazione circa la presunta volontà del parlamento di non assumere comportamenti in sintonia con il rigore che la grave crisi economica-finanziaria impone a tutti».
Il più pesante è Guido Crosetto che accusa i giornalisti di preparare un clima di odio per l’omicidio di un politico e «di far uccidere moralmente e fisicamente, perché questo è il punto cui arriveremo tra poco, altri cittadini come loro che nulla hanno fatto di male se non essere eletti». C’è anche chi prova a spiegare, come il deputato Pd Michele Ventura: «Non difendo la casta, ma la politica. Penso che chi sta orchestrando questa campagna contro i parlamentari, abbia in mente di farne a meno, di riservarla ai ricchi di famiglia, di indicare uomini della provvidenza». Secondo lui il punto è documentarsi, specie nel caso dei giornalisti: «Inviterei chi scrive o parla alle radio, in tv o sul web, a leggere le carte. Si scoprirebbe che c’era, c’è, una norma che dice che se la commissione Giovannini, chiamata ad adeguare le nostre indennità alla media europea, non concluderà presto il suo lavoro ci sarebbe stato un decreto che avrebbe provveduto al’equiparazione. Non si può fare e il governo l’ha riconosciuto, perché con un decreto non si può rinviare a un decreto successivo. Lo dice la Costituzione. Questo e soltanto questo è successo ieri. Ma il polverone è stato sollevato. Forse ad arte?» si domanda retoricamente Ventura. Insomma il rinvio è solo un fatto tecnico-procedurale e non una conclamata volontà dilatoria della casta.
La butta sul sarcasmo Francesco Giro, ex sottosegretario ai Beni culturali: «Dopo aver letto i giornali di oggi e i soliti commenti dei gazzettieri dell’antipolitica suggerirei di tagliare ai parlamentari, oltre agli stipendi, anche la testa». E si lamenta che ormai «demonizzare chi fa il deputato o il senatore è uno sport nazionale a scapito della verità dei fatti». Antonio Di Pietro, che da tempo cavalca l’argomento delle misure anti-casta, ricorda che «l’Italia dei Valori sta conducendo una battaglia per la legalità e per il buon esempio sul fronte dei costi della politica. Per questa ragione abbiamo presentato un emendamento che interviene sul trattamento economico dei parlamentari e ci auguriamo che, con senso di responsabilità, sia approvato. Se così non fosse, ancora una volta si finirebbe col chiedere ai cittadini normali dei sacrifici che la casta non vuol fare. Vogliamo che la manovra venga modificata affinché a pagare non siano sempre i soliti, ma gli evasori, la casta e chi ha fatto i proprio interessi ai danni del Paese».