Stretta antievasione Oltre 30 mila euro diventa un reato Ridotta la soglia oltre la quale scatta la denuncia per i redditi occultati
Tempi duri per gli evasori. Le norme contenute nella manovra finanziaria renderanno la vita più complicata a chi truffa il fisco. Finora l’attenzione era stata puntata soprattutto sull’articolo che prevede il carcere per i casi di evasione superiore ai 3 milioni di euro (cioè la mancata sospensione della condizionale, che invece vale nelle altre situazioni). Esistono altri provvedimenti più defilati nella manovra che permetteranno di allargare la platea dei furbetti che dovranno rispondere della loro condotta davanti al giudice e contrastare così la piaga dell’evasione. Due di queste disposizioni riguardano l’abbassamento delle soglie di rilevanza penale dei reati fiscali. L’imposta evasa che fa scattare i reati di dichiarazione fraudolenta o di omessa dichiarazione passa infatti da 77.468,53 a 30.000 euro, mentre per il reato di dichiarazione infedele la soglia passa da 103.291,38 a 50.000 euro. Non vengono invece previste soglie per i reati di utilizzo o di emissione di fatture false. Secondo Luigi Magistro, direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate, le nuove norme «saranno un deterrente formidabile», anche in vista della scadenza del 30 settembre per la consegna del modello Unico.
Per comprendere la portata del provvedimento basti pensare che finora chi ometteva la presentazione della dichiarazione commetteva un reato se l’ammontare dei redditi non dichiarati ai fini Irpef era pari almeno a 196 mila euro. Con le nuove disposizioni il reato di omessa dichiarazione scatta se non si presenta una dichiarazione occultando circa 86 mila euro di imponibile. Così anche per la dichiarazione infedele: un contribuente con reddito dichiarato di 55 mila euro prima commetteva un reato occultando un maggiore reddito di 241 mila euro, mentre ora lo stesso reato scatta se il maggiore reddito occultato supera 117 mila euro. «Abbassando le soglie – spiega Magistro – si rischia molto di più: in sostanza basta metà dell’evasione prevista finora, e anche meno, per cadere nel penale. Secondo i nostri calcoli, se prima a rischiare erano alcune decine di migliaia, oggi a rispondere penalmente per l’evasione potrebbero essere centinaia di migliaia». L’obiettivo, sottolinea comunque Magistro, «non è di intasare le procure, ma di fare di queste nuove soglie un deterrente, invogliando così l’evasore a uscire dall’orbita penale e a pagare più imposte». La condizionale si articola infatti in base ai precedenti penali di una persona: in sostanza, per gli evasori recidivi si aprirebbero le porte del carcere anche per infrazioni al di sotto della soglia monstre dei 3 milioni di euro. La nuova norma colpisce esclusivamente «chi evade in modo plateale, assumendo comportamenti intenzionalmente diretti a non pagare le imposte – conclude Magistro -. al contrario, la disposizione non colpirà chi, in buona fede, interpreta in modo errato le norme fiscali».
Su tutto questo complesso di norme si punta per contrastare l’evasione fiscale. Nel mix delle misure in questione una grande importanza riveste poi l’elevazione di un terzo dei termini di prescrizione dei reati tributari, che passano dagli attuali sette anni e mezzo a dieci anni, dando maggiori garanzie che il procedimento penale possa giungere a conclusione. In caso di patteggiamento, inoltre, le pene potranno essere diminuite non più fino alla metà, ma fino a un terzo, e il patteggiamento stesso potrà essere chiesto solo in caso di integrale pagamento dei debiti tributari. Nella speranza che tutto ciò sia sufficiente per scoraggiare la pratica dell’evasione (si legge in una nota del ministero dell’Economia che «in Italia l’evasione fiscale e contributiva è enorme») e permettere allo Stato di recuperare tributi per circa 700 milioni nel 2012 e 1,6 miliardi nel 2013.