Reportage La valigia? Ma se la perde anche il pilota…
Le telecamere sono tutte per loro. Ad attenderli a Fiumicino ci sono i
cameramen dei vari tg e relativi giornalisti muniti di microfono. Stavolta
però non sono i vip di turno a fare il loro ingresso trionfale in aeroporto,
ma passeggeri sfigati che hanno perso le valigie o, se è andata bene, hanno
aspettato due ore per recuperarle. Così, increduli e frettolosi, raccontano
la loro rabbia agli obiettivi. I fari delle telecamere inquadrano volti
sfiniti dall’attesa al rientro di un viaggio intercontinentale, al settore C
degli arrivi a Fiumicino.
Un signore proveniente da Monaco dice di aver atteso 40 minuti per la sua
valigia. «It’s Italia, bela Italia» mormora rassegnato affrettandosi verso
l’uscita. A Mark è andata peggio. La sua valigia l’hanno proprio persa.
Arriva da Toronto via Francoforte con un volo Lufthansa. Neanche essere un
passeggero coccolato della business class mette al riparo. Ha compilato un
«verbale smarrimento bagaglio» bilingue e mal fotocopiato. «Anche il pilota
ha perso la valigia» racconta mentre a uno dei banchi gli danno 100 euro di
risarcimento per il disguido. Il bagaglio lo recapiteranno entro cinque
giorni, lo rassicurano. Lui resta in Italia sei giorni. Pessimista o forse
solo realista, chiede qual è la compensazione in caso non lo recuperino più.
«Va a chilo» risponde l’impiegata «ma non ce ne occupiamo noi. Deve mandare
un fax a questo numero». Daniela Rossi e Alessandra Carboni sono della Costa
crociere. Attendono l’arrivo di alcuni passeggeri per trasferirli sulla nave
che salpa dal porto di Civitavecchia alle 17. Sono presenti quasi ogni
giorno in aeroporto e ne hanno viste di tutti i colori. Compresi turisti che
salgono a bordo della nave senza bagagli. Li recuperano in aeroporto
direttamente al ritorno dal viaggio. Comodo. Soprattutto per gli handler che
preferiscono così, visto che spedire a casa o in albergo le valigie con un
corriere costa 100-150 euro. Ma non tutti sono imbufaliti. C’è una
famigliola serena in arrivo da Mauritius. Problemi con i bagagli? «Non li
abbiamo imbarcati apposta». Quando si dice la previdenza. Volo in arrivo dal
Cairo. Un ragazzo seminascosto dal carrello stipato di valigie, accento
pugliese: «I nastri funzionavano a singhiozzo. Al Cairo abbiamo impiegato
due secondi per ritirare le valigie, nei Paesi più poveri non succede questo
schifo». Certo, Fiumicino non è un aeroclub ma un hub da 32 milioni di
passeggeri l’anno, cresciuto del 7,5% in un solo semestre. A non crescere
sono invece gli investimenti di Adr, che gestice lo scalo e che solo
nell’ultimo cda ha deliberato l’allargamento della struttura di riconsegna
dei bagagli.
I finanzieri a guardia dell’area doganale hanno il loro bel da fare a
controllare se le troupe televisive dispongono delle autorizzazioni per
filmare. Ma se la prendono anche con chi è munito di taccuino («chiunque
svolge un lavoro in quest’area dev’essere autorizzato»). Qualcuno si lascia
andare e racconta della fatica di questi giorni: chi ha una divisa addosso
viene preso d’assalto per chiedere informazioni (nei casi migliori) e «c’è
chi ha la pretesa di essere lasciato in pace mentre mena qualche
dipendente». La porta degli arrivi continua a sputare fuori passeggeri.
Altro volo in arrivo da Toronto. Un signore corpulento spinge un carrello
carico all’inverosimile. Parla inglese, ma recupera l’uso dell’italiano per
far presente che «me ne sono andato 47 anni fa e l’Italia non è cambiata».
Quel che i passeggeri non sanno è che è in corso un’ispezione dell’Enac,
l’ente dell’aviazione civile. Si è mobilitato il direttore generale in
persona. Ma non sembra un’abitudine frequente. «Nonostante abbiamo
sollecitato l’Enac per iscritto varie volte, le ispezioni le fanno
raramente» spiega Walter Mancini, coordinatore del Sindacato dei lavoratori.
Per gli handler il costo del personale arriva fino al 70%, così per
risparmiare (come chiedono le compagnie, specie le low cost) «utilizzano
lavoratori precari assunti a 4 ore e obbligati a farne otto. Si paga meno
Tfr, contributi e ferie e i dipendenti sono attratti dagli “allunghi”. Così
l’azienda li ricatta facendogli cambiare turni o saltare la mensa. Si
ritiene di poter far fronte al traffico con questa flessibilità».