Che business la febbre del gioco E? boom tra gli italiani e Confindustria crea una federazione per le imprese del settore
Gli affari vanno talmente bene, nonostante la crisi (o meglio, proprio grazie a essa secondo un principio consolidato che vede aumentare la quota di giocatori nei periodi più neri), che l?industria del gioco ha deciso di darsi una veste istituzionale, costituendo all?interno di Confindustria la federazione Sistema gioco Italia, per rappresentare le 5800 imprese dei giochi autorizzati dallo Stato.
Poco importa che il settore susciti spesso il biasimo e la disapprovazione nei confronti dello «Stato biscazziere». E d?altra parte tutte le cifre sono concordi nel segnalare l?importanza del fenomeno: oltre 140 mila punti di vendita, un bacino occupazionale di oltre 100 mila addetti (oltre 20 mila operatori direttamente impiegati nel settore e più di 80 mila all?interno dei punti vendita). Il Censis nella ricerca «Gioco ergo sum» evidenzia come anche in un anno difficile come questo la raccolta sia passata dai 61 miliardi di euro del 2010 ai 76,6 del 2011, con un incremento del 25, 7%. Di tutte queste somme giocate il 77% (pari a 59 miliardi di euro) è ritornato come vincite ai giocatori stessi.
Questa cifra (tecnicamente chiamata «payout») è cresciuta del 34,3% e questo dovrebbe mitigare le accuse di «spenna polli» che spesso si muovono a chi opera nel settore di giochi e lotterie. Ma a vincere di sicuro è lo Stato: gli incassi per l?erario nel 2011 ammontano a 9,2 miliardi, pari al 52,5% della raccolta netta. Insomma, giocare aiuta a migliorare il bilancio economico, se non il proprio almeno quello dello Stato. «I giochi di abilità o di fortuna fanno parte integrante delle attività del tempo libero – spiega Giuseppe Roma, presidente Censis-servizi -. Pertanto il gioco va sempre riportato alla sua dimensione di intrattenimento, di sfida, di emozione, di ingegno e di accortezza. Mentre va depotenziata ogni motivazione di riscatto sociale o di rischio calcolato per facili guadagni».
Per divertimento o per arricchimento di certo gli italiani giocano. Nel 2010, escluso l?online, gli italiani in media hanno giocato regolarmente poco più di mille euro a testa. La provincia con i più elevati valori pro-capite è Pavia con 1.634 euro, seguita da Teramo (1.418 euro) e Pescara (1.402 euro). Anche Ascoli Piceno e L?Aquila si collocano ai primi posti. Cifre consistenti anche per province «di confine» come Verbania, Como, Sondrio o turistiche come Rimini (1.367 euro pro-capite), che presumibilmente attraggono anche giocatori stranieri.
Diversa è la mappa delle province più fortunate, dove il ritorno su quanto si è giocato è più alto della media nazionale. Il primo posto è occupato dalla provincia di Pistoia con ben il 93,6% del giocato rientrato nei confini provinciali, poi Parma (87%), Milano (73,8%), Matera (73,1%) e Bolzano (72,6%). La fortuna sarà pure una dea bendata, ma nelle province metropolitane ci vede di più.
Così la classifica delle città con le maggiori vincite vede Roma in prima posizione con oltre 3,2 miliardi di euro, seguono Milano (2,7 miliardi), Napoli (1,9 miliardi) e Torino (1,3 miliardi).