FINANZIARIA SCONTRO APERTO Il Prc lancia l?ultimatum sul Welfare Ferrero: pronti a non votare il protocollo se non si modificano precariato e pensioni
ROSARIA TALARICO
ROMA
Rifondazione comunista tenta la carta dell?ultimatum sul protocollo sul
Welfare: «Continuiamo a chiedere modifiche su pensioni e precariato prima
del Consiglio dei ministri del prossimo venerdì. Se non si cambia, in
consiglio non lo voterò, a nome del mio partito», commenta il ministro per
la Solidarietà sociale, Paolo Ferrero a margine di un comitato politico del
Prc. Lui le modifiche le vuole vedere, nero su bianco, già all?incontro del
governo del 12 ottobre.
Le modifiche chieste da Rifondazione ruotano intorno a due temi: lotta alla
precarietà e sistema previdenziale, due punti dell?intesa su cui il Prc
aveva espresso un giudizio negativo già luglio, quando il protocollo era
stato firmato da sindacati e governo.
I toni usati dal dirigente del Prc mettono in chiaro che il partito si
prepara a dare battaglia nelle prossime due settimane: venerdì in Consiglio
dei ministri, riunione in cui dovrà essere dato il via libera al protocollo
e poi sabato 20 ottobre nella manifestazione contro l?accordo.
Ma il Prc dovrà fare i conti anche con il malumore che sale dal resto della
Cosa Rossa. Con Rifondazione c?è il Pdci di Oliviero Diliberto, mentre Verdi
e Sinistra Democratica non solo non sfileranno in corteo ma sembrano non
avere gradito molto la dura presa di posizione contro il protocollo,
contestata ad esempio dal movimento di Mussi solo sulla parte che riguarda
il lavoro. Bisogna rispettare il giudizio dei lavoratori, dice il capogruppo
di Sd alla Camera Titti Di Salvo, mentre Fabio Mussi chiede «pazienza»,
invitando a procedere «senza minacce».
I toni duri di Rifondazione non piacciono neanche al leader della Quercia
Piero Fassino: «Non penso sia un buon metodo mettere gli ultimatum». Il
segretario dei Ds però non chiude la porta ad eventuali modifiche,
ricordando che «se il Consiglio dei ministri licenzia un testo sottoscritto
con le parti sociali non è detto che in sede parlamentare non si possano poi
apportare modifiche e correzioni necessarie».
A chiarire le idee ci pensa Enrico Letta spiegando che sul documento «non
sono possibili interventi unilaterali» visto che «l?intesa è stata
sottoscritta da più parti e si potrebbe modificare solo con il consenso di
tutte quelle parti». Ma dietro le schermaglie dialettiche, la diplomazia è
già al lavoro e nei giorni scorsi ha cominciato a dare i suoi frutti con
qualche passo avanti (durante un pranzo a palazzo Chigi tra Romano Prodi, il
ministro dell?Economia Tommaso Padoa-Schioppa e il ministro del Lavoro
Cesare Damiano) sui temi del lavoro a tempo determinato, lo staff leasing e
i lavori usuranti.
Sul nodo del Welfare intervengono anche i leader sindacali. L?apertura di
Guglielmo Epifani, segretario della Cgil («Se dal referendum dovesse
arrivare un consenso largo all?ipotesi di accordo eviteremo un peggioramento
del testo in Parlamento») è vincolata però al consenso con le altre parti
(«Se si userà il buon senso potremo forse, però con il sì di coloro che lo
hanno sottoscritto, vedere dove renderlo ancora più efficace»).
Sulla stessa linea il numero uno della Uil, Luigi Angeletti: «La cosa più
importante è che il Governo porti in Parlamento solo il testo concordato o,
eventualmente, modificato con le parti». Un po? più rigido il leader della
Cisl, Raffaele Bonanni secondo il quale «se tutte le parti sociali, ma
proprio tutte, sono d?accordo e lo ritengono conveniente, possono fare
quello che vogliono».
E da Capri, dal convegno dei Giovani imprenditori di Confindustria, si fa
sentire anche Renata Polverini, il segretario generaledell?Ugl,, sindacato
che non approva completamente i punti su tempo determinato e staff leasing:
«Se c?è la convergenza da parte di tutti, il protocollo può essere
migliorato».