Rosaria Talarico

"Natural born journalist"

Azzarà: “Non capisco perché mi hanno rapito” Il cooperante di Emergency tornato dal Sudan: ero controllato


ROSARIA TALARICO
Ci hanno tagliato la strada con una jeep, un uomo con un foulard che gli copriva il volto si è avvicinato dal lato del passeggero intimandomi con un fucile di scendere. Pensavo volessero rubare il nostro pick-up e invece era un rapimento. Da quel momento è come se fosse iniziato un film. Una stranissima sensazione, come se vedessi la mia immagine dall’esterno. Ho pensato alla mia famiglia naturalmente, sperando che il tutto si risolvesse a breve». Ci sono voluti invece quattro mesi perché Francesco Azzarà, cooperante di Emergency rapito in Sudan poco prima di Ferragosto, potesse ritornare a casa: la gioia della liberazione, l’abbraccio con i genitori e con gli abitanti di Motta San Giovanni, il paese in provincia di Reggio Calabria dove è cresciuto.
Com’è andata la prima notte a casa?
«Benissimo, non dormivo da giovedì mattina. La liberazione è avvenuta nella notte tra giovedì e venerdì, ma sul volo di ritorno in Italia non sono riuscito a prendere sonno. Per mesi ho dormito in tenda o all’aria aperta».
E il primo pranzo cucinato da mamma?
«Maccheroni al ragù, che mi sono mancati moltissimo! Anche i miei carcerieri mi cucinavano “maccheroni”, ma questi erano veri. I miei carcerieri mi dicevano “basta chiedere, bisogna trattare bene il kawaja (lo straniero, in arabo sudanese, ndr)”. La persona che mi deteneva aveva la capacità di tenermi tranquillo. Mi rassicurava che sarei tornato presto a casa, e questo creava la speranza, che ha fatto passare giorni, settimane e poi mesi».
Si è mai scoraggiato?
«Dopo le prime volte cominci a credere meno a quello che ti dicono, ma quella minima speranza prevaleva su tutto».
Ha capito dove è stato portato?
«Dicevano di avermi portato in Ciad, ma ho scoperto che non era vero dalla polizia sudanese. So che siamo ritornati nella zona dove eravamo all’inizio, ma non ho riconosciuto i luoghi».
E i rapitori li conosceva?
«No, ma appena saliti nella loro macchina si sono tolti i foulard e stavano sempre a volto scoperto. Erano in quattro, ma solo uno parlava inglese. L’autista che era con me non è stato rapito, essendo un locale non avevano interesse».
Non si è accorto di essere seguito?
«Probabilmente avevano studiato le abitudini. Ma ero così impegnato con il lavoro che non ci badavo. Non c’era alcuna ragione per essere preoccupato perché Emergency è abbastanza conosciuta e benvoluta in città. Ci sono stati rapimenti in passato di personale di altre organizzazioni. Per questo la nostra politica è di evitare al massimo gli spostamenti, ma il mio ruolo ne prevedeva molti».
Com’è avvenuta la liberazione?
«Sono stato consegnato alle autorità locali. Il primo contatto con l’Italia l’ho avuto solo alle sette di sera perché ci siamo spostati in diverse città. A Khartoum in aeroporto c’erano i membri dell’ambasciata e di Emergency. Sono stato in un ospedale militare per fare un check-up di routine, ma per fortuna in questi mesi non ho avuto nessun problema di salute».
Qual era il tuo lavoro a Nyala, la capitale del Sud Darfur e perché la scelta di andare in una zona a rischio?
«Perché Emergency me l’ha chiesto. Era la mia seconda missione lì e ci sono tornato volentieri perché il progetto mi piaceva nonostante ci fossero delle restrizioni. Mi occupavo di contabilità, gestione del personale e degli acquisti di materiale per l’ospedale pediatrico e di alimenti per i bimbi ricoverati».
Tornerai in quei luoghi?
«È presto per parlarne. Per ora sto con la mia famiglia. È indescrivibile quello che è stato fatto per me. Non ci sottrarremo a quello che è giusto dare a chi ci è stato vicino. Sono stato colpito dalla solidarietà della gente, delle amministrazioni comunali. Ora tocca a me dare qualcosa agli altri».

Rosaria Talarico

Rosaria Talarico

Giornalista professionista, è laureata in Scienze della Comunicazione presso l'Università La Sapienza di Roma con una tesi sulle tecniche di intervista. Collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani (L'espresso, La Stampa, Il Foglio, Il Corriere delle Comunicazioni, Economy) occupandosi di vari settori. Scrive articoli di economia, finanza, cronaca, politica, esteri, media e tecnologia. Nel 2007 ha vinto la sezione giovani del premio Ucsi (Unione cattolica stampa italiana) con il reportage sul precariato nel mondo della scuola pubblicato dal quotidiano La Stampa. In passato ha lavorato per Milano Finanza (Class Editori) e il settimanale Il Mondo (Rcs), nelle redazioni di Roma e Milano. Nel 2008 ha fatto parte dell'ufficio stampa del Ministero dei Trasporti. In precedenza, sempre nell'ambito degli uffici stampa, ha lavorato per le Camere di commercio italiane all'estero e per la società aeronautica Aérospatiale Matra Lagardère Internationale (ora Eads).

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