Rosaria Talarico

"Natural born journalist"

DOMANDE E RISPOSTE L?ARRESTO DI ZAGARIA Come sono i bunker dei boss?


Il boss dei Casalesi Michele Zagaria, latitante da 16 anni, è stato arrestato in un bunker tecnologico con una stanza «mobile»: quali sono stati gli altri casi
più clamorosi?
Giovanni Brusca, autore materiale della strage di Capaci, si nascondeva in una casa nelle campagne di San Giuseppe Jato. Per localizzare il bunker sono serviti due giorni di scavi. Al covo sotterraneo (con due stanze, bagno e angolo cottura) si poteva accedere attraverso un telecomando che azionava un braccio meccanico in grado si spostare il pavimento di una stanza come un ascensore. Un cunicolo conduceva a un deposito di armi, tra cui bazooka e lanciamissili. Il boss catanese Giuseppe Pulvirenti, invece, viveva come un topo in un bunker ricavato sotto il piatto doccia. Il capoclan Giuseppe Barbaro (soprannominato ‘u sparitu), poi, usava un bunker protetto da un muro semovente, nascosto sotto un lavandino della cucina, scovato dopo ore di perquisizione. Nel quartiere Zen di Palermo, feudo dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, sotto un box venne scoperto un altro mini-bunker, dotato di poligono di tiro. Sempre una cosca legata ai Lo Piccolo usò come nascondiglio Villa Malfitano, edificio liberty di Palermo: venne trovato un arsenale in una grotta calcarea sotterranea, un luogo inaccessibile e, un tempo, usato per la raccolta delle acque.
Quante sono le tipologie
di bunker utilizzate dai latitanti?
A ciascuno il suo rifugio, si potrebbe dire. Ogni latitante si nasconde a modo suo e anche a seconda dello «stile» dell’organizzazione criminale a cui è affiliato. I siciliani sono abbastanza presuntuosi da sfidare lo Stato e mimetizzarsi conducendo una vita normale sotto falso nome (come Totò Riina, che visse per 30 anni a Palermo, 10 dei quali in un complesso di ville fornite di piscina e protette da muri di cinta e cancelli telecomandati). Anche la camorra non scherza quanto a ostentazione ed ecco quindi rifugi (come quello di 130 metri quadri a Scampia, appartenente al clan degli scissionisti) dotati di ogni confort, dalla vasca idromassaggio alla cromoterapia. Un modo per alleviare lo stress del fuggiasco. Come si evince dall’intercettazione di due ‘ndraghetisti che in calabrese discutono della necessità di costruire un bunker: «Almeno non esco pazzo.. Sballottato di qua e di là, soldi spesi per scappare… avanti e indietro. Uno si nasconde là sotto, quando arrivano i carabinieri ti metti là… e basta!». La ‘ndrangheta ha adottato anche la soluzione dei container, provenienti dal vicino porto di Gioia Tauro, interrati. Ma non prima di averli attrezzati di impianto elettrico ed idraulico. In uno di questi venne catturato il boss Gregorio Bellocco. I bunker più sofisticati quanto a dotazioni tecniche e vie di fuga costituiscono lo status symbol dei veri «capi».
Come vengono costruiti questi bunker?
La Calabria offre esempi stupefacenti per capacità tecnica e fantasia. Spesso i bunker vengono realizzati contestualmente alla costruzione principale, arrivando a costituire una vasta rete che corre sotterranea ai paesi di ‘ndrangheta, come Platì o San Luca. Caratteristica comune sono pareti semoventi su rotaie azionate da radiocomandi. Le aperture sono mimetizzate dietro scalini, botole, doppi fondi di armadi. Così ben nascosti da mettere a dura prova le forze dell’ordine, prima che arrivino a scoprirli. Dentro c?è di tutto, da scorte di acqua e viveri all’aria condizionata e al riscaldamento. Fino ai collegamenti a Internet per non perdere il contatto con il mondo esterno, vitale per ogni boss che non vuol vedere sfumare il suo potere. Per questo in alcuni bunker sono stati trovati scanner per scoprire microspie, telecamere e schede telefoniche, ma anche pannelli di polistirolo per garantire l?insonorizzazione.
Come fanno i boss a sfuggire alla cattura anche quando sono stati individuati i nascondigli?
Il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, esperto di ‘ndrangheta, ha spiegato che «i rifugi sotterranei e le varie gallerie collegano una casa all’altra. Come finte fognature, che dai bunker escono nelle vie principali dei paesi e finanche nelle campagne limitrofe». A Platì si è arrivati addirittura al paradosso di scoprire una connivenza del Comune: i cunicoli-fogne venivano realizzati grazie a soldi pubblici.
È possibile visitare un bunker di qualche latitante?
È diventato possibile grazie alla confisca dei beni. A San Giuseppe Jato, l’ex covo di Totò Riina, Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca è stato trasformato in un museo. Il bunker dei superlatitanti corleonesi è aperto al pubblico e nel 2005 venne realizzato con il contributo del ministero dell’Interno il «Giardino della memoria», che ricorda l?assassinio del piccolo Giuseppe Di Matteo, che proprio in quella casa trascorse gli ultimi sei mesi di vita prima di essere sciolto nell’acido da Brusca.

Rosaria Talarico

Rosaria Talarico

Giornalista professionista, è laureata in Scienze della Comunicazione presso l'Università La Sapienza di Roma con una tesi sulle tecniche di intervista. Collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani (L'espresso, La Stampa, Il Foglio, Il Corriere delle Comunicazioni, Economy) occupandosi di vari settori. Scrive articoli di economia, finanza, cronaca, politica, esteri, media e tecnologia. Nel 2007 ha vinto la sezione giovani del premio Ucsi (Unione cattolica stampa italiana) con il reportage sul precariato nel mondo della scuola pubblicato dal quotidiano La Stampa. In passato ha lavorato per Milano Finanza (Class Editori) e il settimanale Il Mondo (Rcs), nelle redazioni di Roma e Milano. Nel 2008 ha fatto parte dell'ufficio stampa del Ministero dei Trasporti. In precedenza, sempre nell'ambito degli uffici stampa, ha lavorato per le Camere di commercio italiane all'estero e per la società aeronautica Aérospatiale Matra Lagardère Internationale (ora Eads).

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