La Cgil firma ma storce la bocca
ROSARIA TALARICO
ROMA
Quattro bidoni di caffè per fronteggiare la lunga notte del direttivo della
Cgil, che si è concluso verso le quattro e mezza di martedì. Notte spartana
(niente cibo e niente acqua, finite le bottigliette di minerale ci si è
attaccati ai rubinetti) e ricca di confronti tra le varie componenti
dell’organizzazione sindacale guidata da Guglielmo Epifani. Alla fine il
protocollo presentato dal governo sul nuovo Welfare verrà firmato «per senso
di responsabilità». Ma allo stesso tempo ci sarà un atto formale, una
lettera al premier Romano Prodi, per esprimere il dissenso sulla parte
riguardante il mercato del lavoro. Il parlamentino di Corso d’Italia ha
approvato con 92 voti a favore il documento presentato da Epifani, a nome
della maggioranza della segreteria, favorevole alla sottoscrizione del
protocollo. Ventidue i voti contrari delle correnti di Nicola Nicolosi
(Lavoro e Società, Cambiare Rotta), del segretario confederale Paolo Agnello
Modica e di Giorgio Cremaschi (segretario nazionale della Fiom e leader di
Rete 28 Aprile). Mentre tra gli otto astenuti c’è il segretario generale
della Fiom, Gianni Rinaldini. Anche se il regolamento della Cgil dice che le
astensioni valgono come voti contrari. Tra le righe della dichiarazione del
leader delle tute blu c’è chi ha colto l’idea di un congresso anticipato e
lui conferma che l’accordo col governo ha riguardato l’autonomia della Cgil:
«Non è possibile inibire l’uso dello strumento dello sciopero. Non si può
far finta di nulla su questo. Ci sono state solo chiacchiere». Mentre dalla
segreteria viene scartata l’ipotesi di un congresso straordinario e ribadito
che «i voti contrari sono identici a quelli usciti dall’ultimo congresso».
Ma Cremaschi fa notare: «Tutta la corrente di Lavoro e società si è spostata
su una posizione critica. Questo modifica gli equilibri in Cgil». Altro tema
spinoso è quello della consultazione dei lavoratori. E’ stata rimandata a
settembre perchè non c’è chiarezza sulle modalità con cui effettuarla nelle
tre organizzazioni sindacali. Ma certo l’aria che tira nelle fabbriche non è
buona. «C’è molto sconcerto e delusione. I lavoratori sono stati più
spettatori che protagonisti» racconta Giorgio Airaudo, segretario della Fiom
torinese «i più anziani dicono “Ci avete portati di nuovo a luglio”. Quando
le fabbriche sono già mezze vuote». La battuta che si sente di più è che «se
c’era Berlusconi avreste fatto dieci scioperi generali».